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Mood Indigo – La schiuma dei giorni. Recensione

Creato il 14 settembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
Mood Indigo, La schiuma dei giorni, Recensione, Michel Gondry

Photo credit: jaredeberhardt / Foter / CC BY-SA

Mood Indigo - La schiuma dei giorni è il nuovo film del regista Michel Gondry. Già direttore di film molto amati come “Be Kind Rewind”, “Eternal sunshine of the spotless mind” (distribuito barbaramente in Italia con il titolo “Se mi lasci ti cancello”) ritenta il successo con una pellicola che si distacca da queste e si avvicina di più a “L’arte del sogno”, sempre diretto da lui, con Gael Garcìa Bernal. I due film sono, infatti, accomunati da una vena di delirio scatenato e da un uso smodato della stop-motion. C’è a chi piace, d’altronde.

Questo film è una lettura particolare di un libro già di per sè avveneristico per i tempi in cui è stato scritto: era il 1947 quando lo scrittore ventisettenne Boris Vian completava il suo quarto romanzo.

La vicenda è ambientata a Parigi, in una Francia alternativa a quella reale, un miscuglio dell’immaginario di Vian e del regista, con macchine fatte di cartone e plastica e scarpe che abbaiano.
Il protagonista, Colin, interpretato dall’attore Romain Duris, è un uomo ricco e buono, che vive di rendita; ha molto tempo per se stesso e per gli amici, e, non lavorando può dedicarsi all’invenzione di oggetti balzani ed inutili, vivendo completamente fuori dal mondo. L’unica pecca della sua esistenza è la mancanza di una donna, per questo motivo i suoi amici, gli attori Gad Elmaleh (“Train de vie”) ed il cuoco Omar Sy (“Quasi amici”, “L’esplosivo piano di Bazil”) lo aiuteranno a conquistare una donna, Audrey Tautou che, come sempre ormai, assomiglia un po’ troppo ad Amelìe Poulain.

La loro storia d’amore è incredibile, assurda e felicissima; nonostante intorno a loro Parigi cada a pezzi e siano circondati da brutture, la vita sembra a loro riflettere la felicità.
Solo quando Chloè, la ragazza ormai diventata moglie, si ammala gravemente, Colin è costretto a intaccare il patrimonio per amor suo. Un amore ed una malattia che prosciugano entrambi i personaggi, il cui amore vacilla ora che non è più tutto perfetto.

Il film, nel suo modo completamente onirico e talvolta ostico alla comprensione, tocca molti temi: la sanità, la droga, la violenza della polizia e la ricchezza cieca e sprecona, sono solo alcuni degli spunti della pellicola, molti altri sono celati dietro metafore.

Lo spettatore impaziente mal sopporterà i 165 minuti di proiezione, scalciando tutte le volte che vede una stop-motion di troppo oppure delle immagini distorte, supplicherà di scappare prima della fine, vedendo scene troppo assurde per lui, e sicuramente questo film si guadagnerà un commento negativo.
La premessa è che bisogna sapere che “Mood Indigo” non è una commedia sorridente nella quale si celebra la gioia di vivere: è un film non convenzionale, se volete visionario e sperimentale, ed è necessario concentrarsi per poter cogliere tutte le sfumature.

Fotografia apprezzabilissima; da notare il gioco di saturazione dei colori tra l’inizio e la fine della pellicola, il mutamento dei colori da caldi a freddi è un gioco molto bello, che riesce con fluidità e c’entra completamente la sensibilità.

In definitiva, forse, il pubblico affezionato avrebbe preferito vedere un altro “Se mi lasci ti cancello”, ma un film come quello è difficile da replicare: sia come tematiche, sia come realizzazione, sia come attori (Jim Carrey e Kate Winslet).
Quello che forse ci si chiede è se fosse così indispensabile nascondere sotto una patina di delirio così tanti messaggi: sembra quasi che non voglia essere capito.


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