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Pioggie nei wadi (un’altra avventura di Obaid)

Creato il 09 giugno 2013 da Faustotazzi
Pioggie nei wadi (un’altra avventura di Obaid)
Voi che adesso venite fin quassù sui monti Hajar coi vostri fuoristrada con l'aria condizionata e li trovate secchi, riarsi dal sole, voi che vi chiedete cosa si fosse mai coltivato su queste terrazze bruciate non potete immaginare la maestosa potenza dell’acqua di queste montagne. Non potete saperlo voi, uomini del ventunesimo secolo, che è un periodo relativamente secco rispetto a come vivevamo in queste valli anche solo trenta o quarant’anni fa.
L’ultima grande inondazione che ricordo fu verso la metà degli anni ottanta, io ero ormai già un uomo maturo e stavo tornando al villaggio tagliando per il wadi Wurayah insieme a un piccolo gruppo di beduini. Avevamo raccolto legna per le nostre case e foraggio per le nostre bestie, avevamo mietuto le erbe alte che crescono sui banchi di sabbia nel fondo della gola e ci trovavamo all'incirca a un'ora di marcia dalla pista principale quando all'inizio del pomeriggio iniziò a piovigginare. 
Avevamo già raccolto abbastanza in quella mattinata quindi legammo le erbe in grandi fasci, facemmo cataste con la legna e decidemmo di caricarci ognuno il proprio peso sulle spalle. Mentre ritornavamo verso il campo base il temporale iniziò a crescere, marciammo sotto la pioggia per almeno mezz’ora attraverso quella valle stretta e quando raggiungemmo il ridosso dove avevamo lasciato gli animali era ormai pomeriggio inoltrato. Il temporale era finito e qua e la piccoli rivoletti di acqua fangosa  scendevano dalle pareti del wadi e ci facevano pensare a dolci pozzanghere di acqua benedetta nelle terrazze piantate a tabacco nei pressi del villaggio.
Il fondo del wadi era ben asciutto ma noi eravamo uomini il cuoi popolo aveva vissuto tra queste valli per millenni, ne conoscevamo tutti gli anfratti e tutte le storie e sapevamo cosa ci saremmo potuti aspettare quindi non perdemmo ulteriore tempo e caricammo subito gli asini per prepararci a ridiscendere la gola verso la strada principale. 
Ci avvicinammo alla bocca del wadi, fino nella zona detta delle cascate, senza particolari problemi poi improvvisamente da una valletta secondaria che si apriva sulla nostra destra un torrente di acqua densa e marrone si riversò proprio davanti a noi gorgogliando, rimbalzando a ondate di piena che si esaurirono poco dopo stendendosi come un soffice tappeto di fango sulle pietre nel letto del canale. Una volta che la piccola piena si era sfogata nel wadi principale questa non rappresentava certo più un problema, dalla gola tributaria adesso provenivano solo piccoli rivoli di acqua marrone e decidemmo di continuare attraverso le pozze che si erano formate. L’acqua ci arrivava alle caviglie, nessuno parlava ma i nostri cuori aumentavano pian piano i loro battiti. 
Marciammo con i nostri asini a passo veloce, più avanti il wadi Wurayah si stringeva prima di sfociare nelle pietraie e poi verso il deserto. Reiuscivamo già a intuire l'uscita in lontananza quando un altro fiume d’acqua marrone si riversò sputando fango da un’altra gola tributaria del canyon principale. E dietro un altro. E poi un altro ancora. La strada alla fine del wadi non era molto lontana ma noi che lo avevamo già percorso tante volte conoscevamo il letto di quel torrente cattivo tenitore e il fatto che delle pozze più profonde si potevano formare facilmente in un attimo quando l'acqua riempiva le buche del terreno poco più avanti, buchi che avrebbero potuto trascinare e annegare un uomo, con il suo carico.
Fu a qual punto che prendemmo la decisione di girare gli animali e tornare sui nostri passi, perchè è da pazzi pensare di poter correre più veloce di un fiume in piena. Il nostro piano era di tornare rapidamente dove il letto del torrente si allargava e cercare riparo su un banco di sabbia più alto della corrente. Ritornammo per qualche centinaio di metri, con i cuori che pompavano all'impazzata sangue e adrenalina; perlustravamo le rive con occhiate rapide e nervose, eravamo al tempo stesso estremamente eccitati e incredibilmente lucidi. Per una frazione di secondo mi guardai ancora una  volta in giro poi feci la mia scelta: un altro terrapieno sull’altro lato del wadi dove ci fermammo e ci preparammo all’ondata.
Il livello dell’acqua era ancora relativamente basso e quel rialzo ci garantiva una certa protezione, pensai che in caso di necessità avremmo potuto scaricare gli asini, arrampicarci per la parete e raggiungere qualche sentiero in costa, dal quale avremmo potuto ritrovare la strada principale. Se l’acqua fosse arrivata fino a noi, il nostro piano era di uscire dal letto del torrente al più presto, lasciando purtroppo l'erba e gli asini al loro destino.
Una parte del gruppo aveva invece deciso di continuare a discendere la gola. Stavo accucciato, fermo e impotente sul mio banco di sabbia con l’acqua densa e scura che scorreva tutto intorno e pensavo a loro. Pensavo a un’intera carovana raggiunta dall’ondata di piena, non riuscivo a non immaginarli travolti e alla deriva, i loro asini che affondavano gli zoccoli nella sabbia e nel fango soffice del letto del fiume che li prendeva, li trascinava via e li faceva sparire annegandoli nelle pozze più profonde che si aprivano più a valle.
Mentre ero perso nei miei pensieri venni risvegliato da grida che arrivavano da una terrazza in alto sopra il banco di sabbia dove ci eravamo riparati. C'era un piccolo gruppo di persone, probabilmente una famiglia locale che conosceva bene quei luoghi e cosa potesse succedere durante le piene del fiume. Gesticolavano, facendoci segno verso monte. Solo allora mi resi conto dell’enorme, gigantesca terribile onda di acqua fangosa che si stava preparando a scavalcare un alto crepaccio naturale attraverso le cascate per travolgere tutto e tutti.
Cosa successe nei minuti successivi non lo potrò mai ricordare bene. Penso che urlai al mio compagno di seguirmi perchè non sapevo se anche lui avesse già visto il pericolo. Portavamo delle tuniche pesanti da lavoro molto più simili alla gallabye degli egiziani che non alle nostre kandura, ce le arrotolammo fino ai fianchi e cercammo di attraversare. Perdemmo presto i sandali trascinandoci sul fondo di sassi e fango con l’acqua che ora  usciva a fiotti dalle cascate e cresceva rapidamente tanto da arrivarci presto alle ginocchia. Noi avanzavamo con molta fatica, resistevamo alla corrente che si faceva impetuosa solo tenendoci l’un l’altro con le braccia sulle spalle per non lasciarci trascinare via. Finalmente, dopo minuti che ci sembrarono interminabili, raggiungemmo un rialzo sull’altra sponda del fiume e poco dopo il sentiero, da lì le terrazze e la strada principale dove ci aspettavano le persone che ci avevano urlato poco prima.
Verso il calar del sole facemmo un tentativo di riattraversare per cercare di recuperare gli asini con i loro carichi ma appena rientrati in acqua non ci sentimmo per niente sicuri. La mia esperienza di quelle terre era buona e in fondo l’acqua non crebbe mai più di quel livello ma in quel momento la situazione restava estremamente incerta e decidemmo un’altra volta di ritornare sui nostri passi.
Si era formato un canale al centro del wadi dove l’acqua era profonda probabilmente più di un metro e che rendeva troppo rischioso tentare di riattraversare con gli animali e il loro carico. All’incirca un’ora dopo che il sole era tramontato dietro ai monti Hajar provammo di nuovo a guadare. Riuscimmo ad attraversare e recuperare i coltelli, le falci e le cose di maggior valore lasciate indietro nella fuga ma ancora una volta non potemmo riportare gli asini e i loro carichi: in un estremo tentativo di passare uno degli animali scivolò in una pozza più profonda, riuscimmo a tirarlo fuori con molta fatica  decidemmo di lasciarli sciolti sul banco di sabbia sotto la costa dall’altra parte del fiume.
Aspettammo sul rialzo il momento buono per ore fino a che, ancor più tardi, verso le dieci, ci rassegnammo e decidemmo di risalire per riguadagnare la strada principale e tornare a casa percorrendo tutto il sentiero a piedi, senza gli animali. Arrivammo al villaggio solamente il pomeriggio successivo.
Che ne fu dei nostri compagni che cercarono di sfuggire la piena scendendo davanti alla corrente verso valle? Fortunatamente ce la fecero anche loro: l'ondata di piena li raggiunse solo nelle ultime centinaia di metri in fondo al wadi, se li prese con gli asini, il loro carico e tutto il resto e li trascinò alla deriva come i fili di fieno che i bambini gettano nella corrente delle falaj per giocare. Vennero praticamente sputati fuori dalla bocca del wadi dall’inondazione, dall'acqua e del fango e la loro storia venne raccontata per lungo tempo nelle sere intorno ai fuochi dai beduini che arrivando dall’altro lato del wadi li ritrovarono semi incoscienti nel letto del fiume, privi di sensi e ormai quasi privi di vita.

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