…Meteora Russa…
Il 2 febbraio 1969 “oltre la cortina” nasce un talento del calcio sovietico, Igor Shalimov. Faccia e acconciatura da mafioso russo, non avrei avuto esitazione a sceglierlo come antagonista di Schwarzenegger e Belushi in Danko.
Figlio di operai russi, al giovane talento di casa Shalimov vengono subito aperte le porte di una delle squadre più blasonate del Paese, lo Spartak Mosca. Gioca nella squadra della capitale dal 1986 al 1991. Il 1987 è uno degli anni più ricchi per il palmares personale di Igor: vince il Campionato e la Coppa delle Federazioni Sovietiche. Nel 1989 lo Spartak si aggiudica di nuovo il titolo nazionale e nella stagione 1990/91 in Champions League si ferma in semifinale.
Sembra un predestinato: piedi buoni, tiro dalla distanza notevole, senso tattico e visione di gioco condito da tanta corsa, cosa gli manca per diventare un campione affermato a livello internazionale?
Nel 1991 Shalimov arriva in Italia in una delle realtà più belle e sorprendenti di quel periodo: il Foggia dei miracoli di Zeman. Lo Spartak chiede 1 miliardo e 400 milioni, ma la leggenda vuole che l’allora presidente foggiano, Casillo, paghi in grano, magari in pagnotte di Altamura! I pugliesi mostreranno un calcio votato all’attacco, totale, di grande corsa e piedi buoni mettendo in difficoltà corazzate come il Milan olandese e la Juventus di Baggio. Insieme a Signori, Baiano e il connazionale Kolyvanov con cui si era aggiudicato gli Europei under 21, Igor colleziona grandi prestazioni impreziosite da nove reti, molteplici assist e tanta intensità. Purtroppo verso la fine della stagione Shalimov mette in mostra anche altri lati, come molti ventitreenni vuole divertirsi, è arrivato oltre la cortina, sposa una bellissima fotomodella russa, riprende a fumare, qualcuno maligna che faccia anche di peggio, trascorre molte notti a Roma e Milano, “città da bere”, si impegna sempre meno nell’attività agonistica, preferisce il mondo patinato. Il fisico gli permette di reggere i primi attacchi di “Bacco, Tabacco e Venere”. A Shalimov una sola cosa non aveva dato la genetica, o Madre Natura se preferite: la responsabilità, il senso del dovere. La prima stagione al Foggia si conclude positivamente, il giovane talento russo stupisce tutti, soprattutto la dirigenza interista che decide di ingaggiarlo per 17,4 miliardi di lire.
Il primo anno all’Inter Shalimov si riconferma grande interprete del centrocampo con fiuto per il goal, metterà a segno altre 9 reti e, come con Zeman, si prodigherà in assist per i compagni e recuperi in difesa. Migliori partite giocate sicuramente contro la Juventus ed il Foggia. Purtroppo Milano offre più distrazioni per un giovane Lucignolo e le notti brave non gli permettono di giocare ad alti livelli, inizia a scaldare la panchina, poi la tribuna. E’ l’anno dell’Inter che vince la Coppa Uefa, ma per Shalimov non c’è più posto in squadra, i nerazzurri lo cedono al Duisburg, dove giocherà poco, quindi partirà per Lugano. Dopo l’esperienza in Germania e Svizzera torna in Italia, a Udine, stagione in chiaroscuro. Dal Friuli passa a Bologna, gioca discretamente, segna 5 reti, ma a fine stagione lo squalificano un anno per doping, positività al nandrolone.
Riprende l’attività agonistica con il Napoli nel 1998, ma lo trovano di nuovo positivo alla stessa sostanza, si giustifica dicendo di aver mangiato carne cruda inconsapevolmente trattata con nandrolone su consiglio di un medico che lo stava curando a Mosca per un’emorragia. La giustificazione non convince la Commissione, gli infliggono due anni di stop ed abbandona il calcio giocato.
Con la Nazionale non ha mai brillato più di tanto, ma la prima convocazione risale al 1990, nel 1992 disputa 4 partite con la CSI, sorta sulle ceneri dell’URSS e, dal 1992 al 1998 con la Russia, partecipa a due Europei, quelli di Svezia del 1992 e quelli in Inghilterra del 1996.
Il calcio, oltre alle donne e alla “bella vita”, rimane una delle sue passioni, forse l’amore più grande perché, pur di non abbandonarlo, inizia ad allenare squadre modeste. Si sposa una seconda volta con la bella scrittrice russa Oksana Robski nel 2008, ma dopo sei mesi finisce. Dal 2008 al 2011 allena la Nazionale femminile russa, per passare nell’organico del settore giovanile maschile nel 2011.
Al mondo del calcio sicuramente Shalimov poteva dare molto di più, si è bruciato in pochissimi anni, è passato come una meteora. Va detto che solitamente i calciatori più umili di origine quando sfondano rischiano di sperperare i propri guadagni, il talento e soprattutto di mettere in pericolo la loro stessa vita, basti pensare ad Adriano, Ronaldinho, Gascoigne, Best… Pensando a un giovane sovietico alla fine degli anni ’80 non ci si immagina certamente un tipo così esuberante e attratto dalla bella vita, tutto gel e paillettes. È statisticamente più facile trovarlo tra le fila dei giocatori verdeoro, magari per la saudade do Brasil, invece per Shalimov il problema fu il contrario, probabilmente non sentiva nostalgia di casa, aveva tutto e subito, dopo venti anni passati in un Paese che di certo non poteva offrire locali alla moda e serate mondane come quelle romane e milanesi, notoriamente intense e debilitanti, sia per la carne che per lo spirito, aggiungo io da bacchettone. Catapultato ad Ovest ha buttato al vento la speranza di entrare nell’Olimpo dei giocatori più importanti, non credo sia orgoglioso di aver sprecato talento, ma sicuramente può essere un esempio per i giovani, chi meglio di lui potrebbe aprire gli occhi e fargli capire quali sono le priorità nella vita? Credo che il suo ultimo incarico sia perfetto per lui.