Ma non siamo a Ciudad Juárez, non siamo nello stato messicano di Chihuahua, zona di cartelli del narcotraffico come gli Zetas, dove la violenza e la recrudescenza dei crimini contro le donne negli ultimi anni ha raggiunto livelli terrificanti.
Siamo in Italia. Un paese dove, nonostante da anni si sventolino concetti come pari opportunità, diritti delle donne, quote rosa, ancora si è fatto veramente poco, e il conto non si fa tanto sul rosa quanto sul rosso del sangue versato, le nostre quote rosse. Eppure basta fare una ricerca in rete, con Google, per ritrovare pagine e pagine di giornali che ad ogni decina (si, si va a decine) scrivono della questione. Nel solo anno 2011 le donne uccise in Italia sono state più di 130, per lo più tra le mura domestiche, vittime di quegli stessi famigliari o compagni e fidanzati. Alla fine di gennaio 2012 le donne uccise erano già 12.
Ho trovato un paio di video dove Alessio Iacona sonocciola qualche dato preso dal suo libro inchiesta "Se questi sono gli uomini - La strage delle donne"
Del secondo video, più esteso, vi ripropongo un passaggio che dice che spesso queste violenze sono
solo la punta estrema di una violenza endemica però, che attraversa l’intero Paese contro le donne. Perché parlo di violenza endemica? Lo dicono i numeri dell’unica ricerca fatta dall’Istat nel 2007 sui casi di violenza del 2006 che parlano di quasi 5 milioni di donne che, almeno una volta nella vita, hanno subito violenza. E’ una media, quindi ci sono delle donne che la violenza la subiscono tutti i giorni. 5 milioni, vi rendete conto? È il 39% della popolazione femminile, una donna su 3, sono dati enormi, considerando poi il fatto che il 93% delle donne neanche denunciano i loro partner, che cioè c’è un sommerso enorme, stiamo parlando di numeri che coinvolgono l’intera nostra società, la coinvolgono tutta, coinvolgono il nostro modo di intendere il ruolo della donna nel nostro paese.L'indagine Istat a cui fa riferimento Iacona la potete trovare qui.
E' dunque prima di tutto una questione di cultura, ma nel nostro paese in questo senso viene a mancare. L'immagine della donna è stata negli ultimi anni sminuita e demolita, resa spesso escamotage fine solo alla vendita. Dalla pubblicità ai programmi TV, passando per i box morbosi alla destra dei giornali online fino alla politica.
Nel suo rapporto 2012 Amnesty International riporta: "A luglio, il Comitato Cedaw ha reso pubbliche le proprie osservazioni conclusive, sollecitando l’Italia, tra le varie cose, a introdurre politiche per superare la rappresentazione delle donne come oggetti sessuali e per mettere in discussione gli stereotipi sul ruolo di uomini e donne nella società e nella famiglia".
Questo è un paese dove i paradossi la fanno da padrone, se è vero che è stato proprio il ministero delle pari opportunità del governo Berlusconi a creare la prima legge in merito, il piano nazionale antiviolenza (qui nello specifico il testo del piano). Lo stesso governo che ha fatto della figura della donna una macchietta pronta per essere estratta a mo di battuta sconcia nelle più svariate occasioni.
C'è poi da riflettere sulla scarsità di fondi spesso denunciata cui i progetti in questione hanno accesso. Senza una adeguata rete formata da centri antiviolenza, formazione sociosanitaria, legale e delle forze dell'ordine, ma anche culturale sulla materia, molti dei trattati ai sensi pratici risulteranno vani. Ma lo stato, le istituzioni cosa stanno facendo? In questo senso il ministro Fornero ha preso impegno sia per i fondi, sia con la firma della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne dopo il via libera del senato che si è trovato d'accordo anche nel richiedere al governo celerità nella sua ratifica (per gli interessati il rapporto stenografico sulla seduta)
Fra poco più di un mese, il 25 novembre, si celebrerà l'annuale Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Un giorno in cui le istituzioni, gli enti, le organizzazioni, promuoveranno eventi e attività per denunciare la violenza di genere.
Ma per allora, ancora una volta, il nostro paese avrà già versato le sue 100 quote rosse.
Matteo Castellani Tarabini | contepaz83
100 red quotas, femminicide in Italy
You hear it in the news with their worrying and morbid count, 96, 97, 98, 99. No, it's not the lottery numbers, nor the number of the casualties in a war. No, it's the number of the women victims of violence, killed since the beginning of the year.
We're not in Ciudad Juárez, though, nor in the Mexican state of Chihuahua, area of narcotraffic cartells like the Zetas, where violence against women in the last few years has reached terrifying peaks.
We're in Italy. A country where, in spite of the fact that for years concepts as women's rights and pink quotas have been advertised, little has actually been done, and the count isn't on the pink as on the red of the shed blood, our red quotas. And yet it's enough to do a research online, with Google, to find pages and pages of newspapers that at every ten (yes, it works like that), they write about the matter. Only in 2011 the women killed in Italy have been more than 130, most in their homes, victims of their families or boyfriends. At the end of January 2012 the women killed were already 12.
I found a couple of videos where Alessio Jacona gives a few numbers from the book "If these are men - the women massacre".
From the second video, which is longer, here's a passage that says that often these violences are
only the peak of an endemic violence, which runs through the entire country against women. Why do I talk about endemic violence? The numbers of the only research done by Istat in 2007 on cases of violence in 2006 talk about almost 5 milion women that, at least once in their lives, have been victims of violence. It's an average, so there are women who suffer it every day. 5 milion, do you realize that? It's 39% of the female population, one woman every 3, that's huge, considering that 93% of women don't even press charges, there's an enormous submerged situation, we're talking about numbers that involve our whole society, they change our way to understand the role of women in our country.
It's first of all a matter of culture, but in our country in this sense we have nothing. The image of the woman has been diminished and demolished, turned into an escamotage for selling. From advertising to TV programs, through morbid boxes at the right of online newspapers, arriving to politics.
In its 2012 report Amnesty International states: "In July, the Cedaw Committe has published the conclusive observations, asking Italy, among other things, to introduce politics for overcoming the representation of women as sexual objects and to put in discussion the stereotypes on the roles of men and women in society and family."
This is a country where paradox is king, if it is true that it has been the Ministery of equal opportunities of the Berlusconi government to create the first law about it, the national antiviolence plan. The same government that has turned the figure of the women into a jolly, ready to be pulled out like a dirty joke in the most absurd situations.
There's a lot to think about on the scarcity of funds, often denounced, to which the projects have access. Without an adequate web of antiviolence centres, sociosanitary formation, legal counseling and law enforcement support, but also cultural basics on the matter, many of the treaties will be vane at the practical state. But what are the institutions doing about it? In this sense Minister Forner has taken charge of the funds, and of the signature of the Istanbul Convention against violence on women after the ok of the Senate that has agreed on asking the government for speed in ratifying it.
In about one month, on November the 25th, we will celebrate the annual International Day for the Elimination of Violence on Women. A day in which institutions, organizations and privates will promote events and activities to stop this kind of violence.
But until then, yet again, our country will have already given its 100 red quotas.
Matteo Castellani Tarabini | contepaz83