da qui
La luna è luna dappertutto, ma sul cielo di Gerusalemme fa un effetto speciale. Forse è la concorrenza con la moschea di Omar, o perché è un pallone lanciato verso il cielo, una partita senza vincitori, uno scontro sanguinoso tra squadre che si giocano la vita. Si fatica a distinguere le vie dell’uomo dalle vie di Dio: qualcuno pensa che la guerra si risolverebbe capovolgendo il mondo, scoprendo una geografia e una storia ai confini delle stelle, nelle orbite ordinate dei pianeti, nel ruotare paziente di galassie dai colori imprevedibili. Altri vagano minacciosi nei mercati, il venerdì, suonando lo shofar per ricordare a tutti che inizia lo shabbat: cercano un punto di contatto fra volontà divina e umana, un cortocircuito tra le corti angeliche e la merce accavallata sui banconi, tra i cori celesti e le urla scomposte di commercianti e imbonitori.
- Perché l’hai fatto?
La gente non sembra contenta, ma nessuno ha il coraggio di obiettare: in nome di Dio s’impone tutto, finché la luna e la città si guardano incantate.
- Non mi chiedere, Shaoul, non saprei dirti nulla.
I primi a obbedire sono i fedeli di religioni concorrenti, come se il dio degli altri incutesse più paura, o più probabilmente i loro mitra o l’esilio o il carcere inumano.
- Troppo facile cavarsela così: era il nostro compagno, abbiamo lottato per la stessa idea.
Sono sempre i soliti a mettere transenne, a camminare sicuri in compagnia, a ottenere rispetto e precedenze.
- Qualcosa sta cambiando, Shaoul, è inutile nasconderlo. Ci sono conti che non tornano, ingiustizie che gridano vendetta.
Gerusalemme è un pianeta di palme e luci nell’azzurro scuro della sera.
- Devi scegliere, Avigail, i tuoi colpi di testa sono inaccettabili.
Un girotondo di giovani danza cantando di fronte alla moschea.
- Sto pensando di seguire Yehochoua.
Lo shabbat è un abisso di silenzio nel fragore del mondo, tutto si ferma per far nascere qualcosa senza forma o parola.
- Non fa per te: sei abituata ad avere, a godere, a dominare.
Ma i confini sono labili e più in là ricomincia la bolgia dei mercati, la contrattazione delle merci, il friggere di falafel con odore di ceci e di cipolle.
- E’ l’unico capace di aprire un orizzonte: nella mia vita mi sento soffocare.
La gente seduta nei bar si diverte a osservare i passanti, l’esistenza che scorre, le tracce precarie della storia.
- Se questi sono i risultati, ci penserei due volte: è grave ciò che hai fatto.
Le vicende dei singoli s’intrecciano, è impossibile distinguere tra giusti e ingiusti, compagni e antagonisti, fratelli e contendenti.
- Sarebbe più grave se continuassi a uccidere per qualcosa in cui non credo.
Un arabo passa indenne dal check point: per questa volta è andata.