Ci sono cose che si sa che sono sbagliate, che recano danno a chi le fa e alla società. La gente viene sconsigliata, le autorità si accorgono degli errori ma ciò nonostante tali piaghe continuano ad esistere e nessuno prende seri provvedimenti. Ecco perché dai cani in città all’apericena queste 11 cose andrebbero vietate.
Forze dell’ordine impegnate a fare rispettare il divieto ai cani
I cani in città
Immaginate che siete lì seduti con la vostra ragazza, passa uno del vostro stesso sesso che se ne va per i fatti suoi senza neanche guardarvi e voi iniziate a urlargli dietro: “Ehi, ma checcazzo vuoi? Vai vai, che ti faccio un mazzo così”. Anzi, ancora peggio. Voi siete seduto su una panchina, ma senza la vostra ragazza, solo che quando vedete passare uno del vostro stesso sesso vi fate il viaggio che se foste lì con la vostra ragazza, al tipo in questione potrebbe venirgli la voglia del somaro; o potrebbe venirvi in mente che il tipo in questione tra qualche passo potrebbe incrociare una gnoccolona che si innamorerà di lui, la quale gnoccolona senza il tipo sarebbe caduta direttamente nelle vostre braccia. E voi direte: “Se fossi il tipo sulla panchina e ragionassi così, sarei uno psicopatico”. Non è vero. Sareste un cane.
In più, cagano dove gli capita, se passi vicino al loro cancello ti fanno venire un infarto con i loro latrati, ti svegliano la notte ogni volta che sentono un gatto (o il poveraccio di cui sopra che gli passa vicino al cancello). I cani in città hanno rotto i coglioni e andrebbero vietati. Ovviamente loro non c’entrano; sono i padroni dei cani in città che andrebbero vietati (tranne quelle con il cane da borsetta; quelle andrebbero mandate con cane e borsetta a fare dei turni in fonderia).
Questa è gente che in orario d’ufficio sta in casa a guardare Barbara D’Urso
Coprifuoco per i pensionati
Chi lavora ha il problema che comunque deve fare la spesa, deve recarsi in posta, dal medico o in qualche ufficio per problemi burocratici. Siccome dalla mattina alla sera si sta in ufficio o in officina occorre adempiere a questi doveri verso sera o nel week end. Uno si appresta a fare le commissioni con l’entusiasmo che potete immaginare e quale spettacolo si trova davanti? Fiumi di pensionati che fanno la fila, vecchietti arzilli e vecchietti con badante al seguito che sbuffano per un mezzo etto di prosciutto nostrano, nonnine che palpeggiano dozzine di pomodori prima di sceglierne un paio. Uno che va di fretta osserva e non capisce: perché queste persone che hanno un’intera giornata a disposizione si riversano nei supermercati proprio negli orari in cui si esce dal lavoro? Perché il buon pensionato deve andare a pagare le bollette o a controllare il libretto postale proprio il sabato mattina? Non potrebbe fare queste cose durante la settimana quando impiegherebbe meno tempo e non si ritroverebbe a litigare con chi va di corsa? Regolamentiamo gli orari: chi è in pensione deve andare a fare la spesa e alle poste in orario di ufficio, in questo modo tutti avranno più tempo libero, si diminuirà lo stress e vecchi e giovani ci si potrà incontrare al lounge bar all’orario dell’aperitivo o in pasticceria il sabato mattina e socializzare con un sorriso sulle labbra invece di guardarsi in cagnesco mentre si è in fila da qualche parte.
Per indossare il maglioncino d’estate si paga
L’aria condizionata
Una volta in treno, in macchina, in un ristorante quando di estate era caldo si apriva la finestra. A volte era sufficiente, a volte no. 10 giorni all’anno boccheggiavi, ma alla fine se eri nato a Ravenna, a Ferrara, a Mantova o a Cipro, eri anche abbastanza abituato.
Poi è arrivata l’aria condizionata a fare libero per tutti. Da allora si vive perennemente a 21 gradi, con sbalzi di temperatura di 20 gradi solo uscendo da un supermercato o scendendo dal treno (dove devi sempre ricordare di portarti dietro un maglioncino), passando direttamente dall’aria condizionata al riscaldamento (ho visto gente con l’aria condizionata in macchina il 18 di marzo, solo perché la temperatura si era alzata di 5 gradi o con l’aria condizionata in ufficio perché si era in agosto, nonostante fosse appena finito un temporale che aveva abbassato la temperatura di 15 gradi). In più, costa anche un occhio della testa in termini di energia.
L’aria condizionata non è una cosa inutile, non è una cosa da vietare. È solo il più straordinario monumento all’imbecillità umana.
Gli uffici marketing si parlano fra di loro e nessuno sa cosa produce l’azienda
Il marketing
C’è er bottegaro scaltro, capace di vendere un salame, una zucchina o sua madre alla bisogna. Però er bottegaro adesso deve studiare, perché ci sono i mercati emergenti, i prodotti tipici, la concorrenza globale, la valorizzazione territoriale. Il marketing è quello che si insegna oggi all’aspirante bottegaro, affinché riesca a infiocchettare meglio la sua merce. Ma se finché era un bottegaro almeno aveva qualcosa da infiocchettare, adesso che è diventato un brand manager e che il suo idolo è Lapo, adesso che ha un progetto e vende suggestioni, adesso dentro al pacchetto non c’è più niente. Ringraziamo il marketing.
Invece di trasmettere il proprio stress ai bambini lasciamoli correre nei parchi
Corsi per bambini in età prescolare
E’ tutto un fiorire di proposte di attività organizzate per bambini. Ancora non camminano e già esistono per loro corsi di musica, di inglese, di nuoto, di ermeneutica. Ti raccontano che certe cose prima le imparano e meglio è. Meglio per chi? Non certo per il bambino che non imparerà certo l’inglese se a 4 anni gli sarà inculcata a forza una canzoncina e non gli verrà l’orecchio musicale se lo costringerete ad ascoltare suoni e rumori ad hoc (e non è vero che far ascoltare Mozart al bambino nella pancia lo fa diventare più intelligente). Vi diranno che lo sport fa bene. Ma i bambini lo sport lo fanno in continuazione, corrono, saltano si tuffano e devono farlo in piena libertà, devono giocare e divertirsi. Se un bambino sta sempre fermo e seduto non è un corso di karate quello che gli serve, ma probabilmente sono i genitori ad aver bisogno di un aiuto psicologico. Visto che i genitori contemporanei queste cose non le capiscono bisogna proprio vietarle per impedire che i bambini vengano stressati ancora prima di iniziare ad andare a scuola e che si presentino già esauriti ai blocchi di partenza della vita.
Roberto Formigoni su twitter con la maturità di un bambino dell’asilo. Poi si dice che i politici sono vecchi…
I politici sui social network
Ci si lamenta sempre che i nostri politici sono vecchi, che bisogna rottamarli e fare spazio ai giovani. E allora i nostri bei rappresentanti cosa si inventano per fare i giovani? Si fanno un bell’account su Facebook e assumono qualcuno (in genere uno stagista che lo fa gratis) per twittare le loro brave esternazioni. L’effetto è la comicità involontaria con con un ritorno interminabile di commenti che vanno dalla presa per il culo all’insulto più feroce. Sui social network i politici vecchi e nuovi continuano a mostrare il loro lato peggiore, il loro egocentrismo, la loro autoreferenzialità.
Quindi? Qual è il problema? I social network sono usati per rimorchiare e per vendere e queste sono proprio le degenerazioni della politica di oggi che è ridotta a voler sedurre l’elettorato e a vendere slogan che presto cadono in disuso. Invece dovrebbe occuparsi di problemi che sono molto complessi, che vanno studiati, analizzati ed affrontati. E sicuramente anche comunicati, ma non ridotti a spot di 140 caratteri. La politica non dovrebbe aver niente in comune coi social network, vietiamoli ai politici e riappropriamocene per continuare per parlare di amenità tra di noi e postare link ad articoli dell’Undici.
Le macchine nella foto hanno il pass per la ZTL
Zone a traffico limitato
Le nostre città hanno centri storici meravigliosi che sono sorti quando il trasporto avveniva tramite mezzi trainati da animali. Oggi invece sono intasati dalle macchine che si muovono a passo di lumaca, girano su se stesse e se ne vanno, visto che nel medio evo non si prevedevano grandi spazi per i parcheggi. Per arginare il fenomeno le amministrazioni di quasi tutte le città si sono inventate le Zone a Traffico Limitato, per gli amici e i nemici ZTL. Bene, direte voi, meno macchine, meno smog, meno rumore; finalmente ci si riappropria degli spazi, si passeggia, si guardano le vetrine, si respira, si chiacchiera, si compra. Tutti felici quindi. Invece no. Avete mai visto le strade di una zona ZTL? sono esattamente come tutte le altre: piene di macchine che si muovono a passo di lumaca, piene di smog e di rumore. Pedoni e ciclisti rischiano la vita. Gli automobilisti sono infuriati perché non ci si muove e non ci sono parcheggi. I commercianti non battono gli scontrini aggrappandosi alla scusa che limitando il traffico i potenziali clienti non possono parcheggiare davanti al loro negozio (il posto non c’è, la ZTL non c’entra, ma la scusa è abusata). In pratica si scatenano guerre ideologiche tra vetero ecologisti da una parte e automobilisti dall’altra. Ma sono guerre sul nulla e col nulla in gioco.
Aboliamo le Zone a Traffico Limitato, inutili e dannose. Istituiamo vere isole pedonali in cui si possa passeggiare e lasciamo circolare liberamente le vetture in tutte le altre strade. Come abbiamo visto la soluzione democristiana delle ZTL riesce solo a scontentare tutti.
Presto la scritta sarà trasformata in “STELLINA TROIA”
Nomignoli e vezzeggiativi
Diciamo no ai “Passerotto, ti scotenno!” gridati sulla riva del mare, ai “Patatina, smetti di stressarmi!” al ristorante! L’utilizzo abituale e costante in pubblico di nomignoli per rivolgersi a figli, coniugi, fidanzati, compagni e amici fa parte della esteriorizzazione della vita privata a cui assistiamo da quando ci siamo addentrati nell’Era della Lite familiare in TV e della Prima ecografia del pupo pubblicata su Facebook. Vietiamo la pubblica diffusione di nomignoli privatissimi al grido di “se non è reato, che resti privato!” Fuori dalle mura di casa, innamorati, figli e cani riacquistino ciascuno il proprio nome e cessino di chiamarsi indistinguibilmente Gioia, Scoiattolo e Pulcino. Sia vietato e perseguibile per legge apostrofare pubblicamente Patato un omone di un quintale di fronte ai suoi compagni di calcetto. Da qualche parte, si è perduto il piacere del segreto, il gusto della privatezza dei sentimenti: quanto prima veniva sussurrato e riservato alla sfera più intima, oggi viene sbandierato coram populo, senza imbarazzi. Tanto che il valore intrinseco di quelle parole affettuose (e nel privato sempre più affettuose quanto più ridicole) viene consumato, liso e persino Amore diventa una parola frusta ed esausta: ennesima parola che si svilisce, utilizzata indifferentemente e con indifferenza insieme a una carezza e nell’efficace espressione “amò, non mi rompere le palle”. Difendiamo i piccoli segreti e ritroviamo i nostri nomi, almeno in pubblico.
Proibiamo questo strazio: imponiamo di mangiare con le ginocchia sotto il tavolo, come ci hanno insegnato alle elementari
“L’apericena”
L’apericena è un falso storico, un’invenzione dei baristi per fare il grano ai danni dei ristoratori e diffondere artatamente l’alcolismo tra i giovani, adescandoli con patatine mollicce . Inoltre, è una roba bazzotta (o barzotta) e come tutte le robe indecise e non risolutive – in questo momento politico che invoca soluzioni radicali e tagli degli sprechi – è da vietare! Ragioniamo sulle caratteristiche di questo supponente passatempo. Non è un dignitoso e gradevole aperitivo, perché l’aperitivo nasce per precedere la cena e non per sotterrarla sotto carriolate di taralli e arachidi. Non è affatto una cena, perché anche ove mai si venga rimpinzati di deliziosi appetizers (ove mai), generalmente si sta scomodi, spesso in piedi, si smanaccia con posate di plastica, ci si serve accalcandosi e tutto ciò che si ingoia è stato sfiorato (se non palpeggiato), alitato e impolverato dagli altri avventori. Passiamo ai costi. La teoria “pago poco e mi rimpinzo” è tendenzialmente falsa: se si paga poco, le cibarie saranno o irraggiungibili o insufficienti o indigeste. Per cibarsi un po’ più decentemente, si consumeranno più bevande, con conseguente aumento del costo. Oltre a ciò, la presenza di cibarie ancorché stantie sul bancone o la distribuzione ai tavoli di piattini lastricati di tartine multicolor giustifica una maggiorazione del prezzo della bevanda: così si paga un prosecco con taralli il doppio di una margherita da asporto, non si cena, e intorno alle 21 si è sbronzi e famelici. Cui prodest se non alla lobby dei baristi? (e ai kebabbari, perché mentre barcollo verso casa dopo tre prosecchi scadenti e due patatine, è fatale la tappa dal kebabbaro!). Vietiamo l’apericena! Liberiamo i banconi dalle ciotole e Occupiamoli con i gomiti, sorbiamo un buon bicchiere per aperitivo e avviamoci risoluti verso un’appagante cena. Ristoratori e viticoltori ce ne saranno grati, e il paese intero si risolleverà dalle nebbie dell’indecisione e del bazzottismo.
Diciamo NO al ricatto psicologico di chi arriva in anticipo. Anche perché la puntualità è un’altra cosa
Arrivare in anticipo
Chi arriva in anticipo imbarazza e disturba: vietiamo l’anticipo! Oltre a instillare senso di colpa nel prossimo, sia egli puntuale o ritardatario, le persone che arrivano in anticipo creano problemi sempre. Queste brutte persone sono tra le rappresentanti supreme dell’ansiosa e ansiogena vita moderna, dal cui logorio nemmeno un fiasco di Cynar ci può salvare. Innanzitutto creano problemi a se stesse: vengono infatti importunate con proposte talora di acquisto (fazzolettini, droga, autoradio rubate) talora “amorose”; per ingannare il tempo sporcano, perché fumano o ingoiano e subito sputano per terra stalattiti di caramelle raccattate in fondo a tasche e borse; incappano nell’acquisto compulsivo di generi di cartoleria e profumeria. Ma soprattutto nell’epoca della telefonia mobile gli odiosi anticipisti telefonano. Ovviamente a chi non è ancora arrivato: inondando in tal modo le reti telefoniche di conversazioni insopportabili che iniziano con “Dove sei? Io sono qui” – un esordio in risposta al quale si deve mettere mano alla pistola. È in questa frase, così come nello sguardo di sollievo e malcelato rimprovero che l’anticipista rivolge al puntuale nel momento dell’incontro, che germoglia il senso di colpa e alberga l’ingiustizia. Liberiamoci dalle colpe che non abbiamo! Liberiamo la nostra vita da chi arriva in anticipo!
La gente esaurita ha una seconda vita su facebook dove posta foto fighissime
Secondi e terzi account sui social network
Vivessimo in un posto serio, gli anziani del villaggio avrebbero da tempo vietato la seconda sim, il secondo account Facebook, insomma le seconde identità di una doppia vita in pantofole. Conosco impiegati del catasto e parrucchiere che hanno la seconda SIM “per lavoro”. Vengono chiamati a tarda sera dall’Ordine dei geometri per dubbi sulle planimetrie? Ovviano col secondo numero alle aggressioni di clienti impazzite per una permanente afflosciata? No, sono balle. La seconda SIM è per la roba losca. Nella rubrica della seconda SIM la voce “Zio Pino” non compare, compaiono “James Bondage”, “Mirka Ore Pasti” e “Fecola King”. La seconda SIM e il secondo (e numerali ordinali seguenti) account Facebook servono alla roba losca – non solo corna, roba losca in generale. Con l’aggravante di “peccare” da vigliacchi, di rischiare per interposta SIM. Siete stanchi di bistecchina e impiego fisso? Sì, è vero, la vita è una noia mortale. Ma per curare l’ulcera da infelicità, farsi la seconda SIM e buttarsi nel mondo degli adulteri o aprire il secondo account Facebook per fingersi brillanti e inciuciare o insultare anonimamente vecchi compagni di scuola fa schifo! Volete una doppia vita? Go Big! Organizzate rapine, prestate a strozzo, ma non rifugiatevi in un’ipocrita seconda vita online! Volete emozioni forti? Uscite di casa e guardatevi intorno: sputtanatevi! Torniamo a riempire i postriboli, affolliamo i bar malfamati. Gioverà all’economia e alla tachicardia da stress. Chi necessita di una seconda identità nel migliore dei casi necessita anche di una psicoterapia per riconciliarsi con se stesso. Oppure è un laido, con l’aggravante della codardia. Vietiamo le seconde identità e tutti avremo il coraggio di mostrarci per quelle persone schifose che sappiamo di essere e che da sempre parenti e amici subodorano in noi.