Piantagione di Greenville, aprile 1658 La lettera parlava chiaro: suo padre si trovava a Jamestown e a quell’ora probabilmente era già in viaggio per raggiungere la piantagione. Jerry, che aveva ormai nove anni, l’aveva raccontato a tutti che suo padre era di ritorno, e forse per fermarsi a lungo, questa volta! Quella notte non aveva dormito, ripensando alle visite precedenti, quando Hudson era arrivato a Greenville a cavallo, in compagnia di Mathias Wilton, il suo braccio destro. Ricordava le lezioni di scherma tra i filari di tabacco, le serate passate con lui nel frutteto, i racconti dei suoi lunghi viaggi, in Europa, dell’Africa, delle città che stavano sorgendo nelle colonie, delle popolazioni indigene che ancora popolavano le isole e, benché nonno Jeremy fosse grande e forte, Jerry sapeva che nessuno poteva eguagliare suo padre. Il ragazzino si appisolò verso l’alba e al risveglio si preparò per andare a pescare, perché nella lettera suo padre annunciava un regalo che avrebbe fatto pervenire via fluviale e Jerry, non solo intendeva offrire un bel pranzo a suo padre, ma voleva essere anche il primo a scorgere la chiatta che risaliva il fiume. Dopo aver mangiato in un angolo della cucina, aveva messo in bisaccia pane, formaggio e una fetta di prosciutto. Dalla finestra al primo piano, la nonna l’aveva guardato con severità, mentre lui usciva in cortile con un tozzo di pane in bocca. L’aveva salutata sventolando le canne da pesca, quindi era corso fino al quartiere degli schiavi. Joshua era il suo migliore amico, l’aveva già avvisato di quella gita, e Jerry temeva di essere in ritardo, ma quando giunse alla baracca, il ragazzino si presentò con la faccia seria e gli occhi arrossati: “Ciao.”, gli disse esitante. Jeremy scosse le canne da pesca: “Hai le esche?” Joshua gli porse il barattolino: “Ecco, tieni!” L’amico non si mosse dall’uscio e Jerry s’insospettì: “Che hai?” Faye, la madre del bambino, si fece avanti. La donna faticava a esprimersi in inglese, parlava sempre il dialetto della sua tribù, ma quando c’era da rimproverare trovava sempre le parole: “Josh no viene a grande James. Lui aiutare me in magazzino del tabacco, padron Ashton ordinato che lui lavorare, oggi.”, ma Jerry neanche ascoltò quelle scuse, scrutando con gli occhi castani quelli sfuggenti del suo migliore amico, quello al quale confidava tutto, il fratello che non aveva. Joshua si fissava i piedi scalzi e polverosi, come un codardo, allora Jerry sistemò le esche assieme al suo pranzo: “Peggio per te!”, e ostentando offesa se ne andò, attraversando il frutteto. Probabilmente Faye aveva scoperto la loro escursione nell’orto di Bou e il furto delle fragole, ma si era trattato solo di uno scherzo! Per colpa di quello Joshua era in punizione e si sarebbe perso l’arrivo di Richard Hudson, ma d’altronde l’amico aveva il padre, Jungle, accanto a sé ogni giorno, e non poteva capire! L’unica volta che Jungle era stato prestato ai Brooks per quel negro indomabile, si trovava a Whitewalls, la piantagione vicina! Lui e Joshua gli portavano il pranzo di Faye ogni giorno, attraversando i campi! Giunto al piccolo molo, Jerry si era inerpicato lungo l’argine, fino a raggiungere la sua postazione sopra il masso piatto, dove erano sistemate le sue nasse. La mente del bambino prese a vagabondare, a far progetti, a immaginare la chiatta risalire il fiume James. Sul tardi mangiò la sua colazione e anche quella di Joshua. Pescare da soli però non era divertente, inoltre il sole già picchiava forte sulla sua fronte e lo sciabordio sulle sponde era rilassante quanto una nenia. Continuò imperterrito a pescare, cercando di vincere il sonno, ma il canto delle cicale e la brezza sui capelli, lo inducevano a chiudere gli occhi. Per risvegliarsi fece una nuotata, una breve però, ché non intendeva essere colto nudo e impreparato da suo padre! Fischiettò, cantò, litigò con i pesci, inventò una filastrocca con tutte le parolacce che aveva imparato, ma alla fine il sonno lo vinse. Quando una mano lo scrollò dolcemente, Spaesato Jerry batté le palpebre, sorpreso dal tramonto: i riflessi del sole sul fiume calmo sembravano macchie d’olio e il bambino si volse con trepidante speranza. Jungle, il padre di Joshua, lo fissava con occhi profondi e comprensivi, e il suo sguardo fermo era più eloquente di qualsiasi parola. Alle spalle dell'uomo, s’intravedeva Joshua in piedi sull’imbarcadero, che si morsicava un’unghia con aria preoccupata. Jeremy Hudson abbassò il capo, sentendo le lacrime pungere contro le palpebre e un doloroso solletico all’interno del naso, mentre comprendeva che suo padre non era arrivato, e lui l’aveva atteso invano fino all’imbrunire. Incapace di trattenersi, scoppiò a piangere, gettandosi fra le braccia dello schiavo, che lo strinse al petto solido, dandogli conforto. Dopo poco Jerry si calmò, passandosi i pugni sugli occhi. “Forse arriverà domani.”, borbottò quasi a se stesso. L’uomo fece segno al figlio di avvicinarsi, aiutando Jerry ad alzarsi in piedi. Joshua slegò la cesta di vimini, dentro la quale erano ammassati i pesci pescati, e caricandola sulla spalla, s’incamminò verso la casa padronale. Al suo fianco, Jeremy cantò la sua filastrocca scurrile e risero come matti, inventandone strofe nuove. the James River