CIAO VITTORIO
Ero al Cairo ospite dalla blogger Baraem quando venerdì mi è giunta per telefono la notizia del sequestro di Vittorio Arrigoni a Gaza. Doveva incontrarlo la settimana successiva, prima che rientrasse in Italia dopo 15 mesi “all’inferno”, dove aveva scelto di restare per la causa palestinese a cui aveva votato se stesso. Gli aveva già comprato un pensierino in ricordo della rivoluzione egiziana. E’ stato magico il fenomeno di amicizie, virtuali e poi reali, createsi tra blogger impegnati in Medio Oriente durante il risveglio dei Paesi arabi. Avevo salvato il suo blog tra i miei “preferiti”, devo averlo linkato anche in un post in passato, ed è agghiacciante ora riaprirlo e trovarlo sempre fermo sul suo ultimo post del 13 aprile. Ma non credo nella morte, e sono certa che lui c’è, da qualche parte, più forte di prima. La mattina dopo, tutta la famiglia dormiva nella bella casa a Maadi, Cairo, quando io alle 8 mi sono svegliata e connessa alla rete. E ho appreso così, faticando a crederci, la notizia della morte del mio coetaneo attivista a Gaza – non rispettate le 30 ore di un frettoloso ultimatum. Detestavo dover dire questo come prima cosa alle gentilissime persone che mi stavano ospitando, ma già sapevo che per un po’ non si sarebbe parlato d’altro, o se non altro, che non ci sarebbe stato nient’altro nell’aria che quel nome e quell’essenza. Quella degli eroi italiani come lui di cui lamentavo la scarsità numerica, velatamente, proprio nel mio ultimo post, in previsione del mio lento rimpatrio, Dahab – Cairo – Milano. Una morte lenta quella della partenza da un Paese che ha attraversato una rivoluzione sotto i tuoi occhi, e di cui hai condiviso ogni palpito negli ultimi tre mesi che come per magia nella mia percezione a ritroso sono già certamente due anni, perché mi è impossibile pensare di esser stata via meno di così, ritrovandomi quasi completamente da reitegrare in Italia – spaesata, sfasata, disorientata dall’inconcepibilità di vivere due vite in una. Non riesco ancora a credere di essere nata così, ponte tra due dimensioni, eppure questo è quello che sono e quello che ho: due opportunità, due visioni, due alfabeti, due film totalmente diversi.
Qui in Italia giro con l’adesivo del 25 gennaio applicato alla mia auto tedesca, in un posto in cui nessuno si ricorda cosa significhi 25 gennaio. Di nuovo, mi inghiotte questo Paese di tonalità pastello, lievi, dolci e docili, dove tutto sembra attutito in confronto ai chiaroscuri di cui mi satura l’Egitto. Dal colore verde ai fiori, tra persone serene che non sono cresciute vivendo i notiziari come fossero la storia della propria famiglia, con le antenne costantemente alzate verso gli altri Paesi arabi e la Palestina.
Nel frattempo, ho appreso da uno dei miei informatori egiziani, a 5 anni di distanza dall’accaduto, che anche l’attentato di Dahab, da me vissuto in prima persona, si è potuto ricondurre al governo dell’ex rais Mubarak, così come quello di Sharm El Sheikh del 2005, per l’esigenza del regime di creare il pretesto di un’azione contro i beduini del nord del Sinai, nel 2006. Certo, anche in questo caso, come nel caso di Vittorio Arrigoni, il braccio inganna i media. Il braccio era costituito da tre beduini kamikaze, le cui famiglie avranno ricevuto determinati privilegi dalla mente. Della mente, già sappiamo. Finalmente, aspettavo una spiegazione da allora e non avevo mai avuto risposte precise. Nel caso di Vittorio Arrigoni, la versione ufficiale in Europa è quella di una cellula salafita impazzita e fuori controllo (il braccio), mentre, al solito, la versione delle fonti arabe è diversa, parla di una mente diversa dal braccio, e per fortuna la sostengono anche fonti d’informazioni alternative in italiano, in rete. Come questo: articolo uno , articolo due, e questo, importante anche per i suoi link: qui e le testimonianze di chi Vittorio lo conosceva da vicino: qui e in inglese, un comunicato simile e fondamentale: qui, e questo. In ogni caso, sono fiduciosa del fatto che la verità non possa restare celata a lungo.
Sugli atteggiamenti israeliani davanti alla resistenza pacifista/passiva, ho salvato e vorrei condividere con voi il modulo di partecipazione della Freedom Flotilla per coloro che abbracciano la causa che aveva abbracciato lo stesso Vittorio, imbarcandosi in questo viaggio (prossimo previsto a fine maggio, a cui la stessa madre di Vittorio ora vuole partecipare), vedete un po’: Freedom Flotilla.
La sera di domani, martedì 19 aprile ci sarà una veglia con candele al Cairo in memoria di Vittorio Arrigoni e già a Gaza manifestazioni e marce in data odierna. Non so cosa pagherei per non aver lasciato l’Egitto due giorni fa, ma il mio cuore martedì sarà là, perché non se n’è mai andato.
Le altre notiziole di questi ultimi giorni per me itineranti, alla spicciolata: l’Italia è stato l’unico Paese dell’Unione Europea a dirsi contraria al blocco dei fondi di Mubarak all’estero… Il Partito Democratico Nazionale egiziano è stato finalmente sciolto… Mubarak è ancora ricoverato all’ospedale di Sharm El Sheikh, quella pacchianata a forma di piramide che è ora presidiata dalle forze dell’ordine. E io non ho il coraggio di tagliare il cordone ombelicale con questo blog, o almeno non ancora.
Per ora vi saluto con questa lettera toccante trovata in rete, a Vittorio: qui - e con le sue parole con cui con tanta semplicità è riuscito a riassumere la mia stessa filosofia di vita.
“Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti alla stessa famiglia, la famiglia umana”.