Posted on 28 luglio 2013
Nel 1922 Fleming in modo casuale, scopre il lisozima: qualche settimana dopo aver messo del suo muco nasale su una capsula di Petri, nota che delle colture di microbi si erano sviluppate per tutto lo strumento tranne che sulla sua secrezione. Esperimenti successivi fatti con altro muco o con lacrime gli dimostrarono che era presente in questi liquidi una sostanza ad azione antibatterica, molto superiore a quella del siero di origine animale. Le caratteristiche di questi liquidi erano dovuti ad un enzima, che “lisava” (dal greco Lysis, dissoluzione) certi microbi: da qui il nome lisozima. Lo scozzese trovò l’enzima in molti tessuti e umori, umani come animali o vegetali: esso sembrava l’antisettico naturale, la prima difesa della cellula contro i microbi, il mezzo con cui gli esseri viventi potevano sopravvivere senza essere continuamente attaccati da malattie. Fleming avrebbe voluto isolare l’enzima puro, ma il gruppo al department non aveva né un chimico né un biochimico (problema che si riscontrerà anche in seguito con la penicillina). Nel 1928 si imbatté in una capsula di Petri particolare: era macchiata di muffa come tante altre nel suo laboratorio, ma attorno a essa le colonie batteriche si erano dissolte.
L’efficacia del fungo fu provata su vari tipi di batteri e i risultati furono più che soddisfacenti sia per range di efficacia (distruggeva gli streptococchi, i stafilococchi, i bacilli della difterite e del carbonchio, ma era inefficace sui batteri del tifo) sia per forza (avevano effetto soluzioni diluite fino a 1/500). La muffa miracolosa fu identificata inizialmente come penicillium rubrum (ma due anni più tardi si scoprì che era in realtà penicillium notatum): da qui il nome penicillina. Nonostante lo straordinario potere diantibiosi della penicillina, essa presentava un grande problema: era difficile da produrre e, se vi si riusciva, le quantità erano scarse. Come per il lisozima, inoltre, Fleming avrebbe desiderato isolare il principio attivo, la penicillina pura, e non il filtrato grezzo; ma l’assenza di chimici glielo impedì. Sempre nel 1928 fu nominato professore di batteriologia all’Università di Londra. Il ricercatore presentò i risultati sulla penicillina il 13 febbraio 1929 al Medical Research Club, ottenendo la stessa accoglienza ricevuta col lisozima. Con l’avvento dei sulfamidici, la penicillina venne “messa da parte”: avrebbe avuto la sua rivalsa solo qualche anno più tardi, grazie agli studi di alcuni ricercatori di Oxford. I sulfamidici, chiamati così perché derivati dalla sulfamide, erano stati creati dalla Bayer, che comunicò i suoi risultati al mondo nel 1935. L’imponente funzione di batteriostasi dei sulfamidici era efficace a concentrazioni basse rispetto a quelle che sarebbero state tossiche per l’uomo, benché essi divenissero inefficaci in presenza di una concentrazione troppo elevata di microbi. Fleming, come tanti altri ricercatori, li studiò, pur sempre convinto della superiorità della penicillina.