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2 anni dopo: L’Aquila è ancora a terra

Creato il 06 aprile 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

2 anni dopo: L’Aquila è ancora a terra

3 e 32 del 6 aprile 2009: una scossa di terremoto di 6.2 gradi della scala Richter colpisce L’Aquila e 56 comuni limitrofi. Vengono sepolte 309 persone, i feriti sono più di 2.000. L’Aquila muore.

Due anni dopo la situazione, nonostante gli svariati spot dei politici e addirittura un G-8, la ricostruzione procede a rilento, anzi, è praticamente ferma. Sono 37.733 le persone che ancora non hanno potuto fare ritorno nella propria casa. 23 mila risiedono in alloggi a carico dello Stato, le 19 famose new town belle impacchettate con tanto di spumante in frigo, 13 mila beneficiano del contributo di autonoma sistemazione (200 euro) e quindi vivono presso familiari e amici, 1.328 sono nelle strutture ricettive abruzzesi: alberghi e caserme.

Per strada ci sono ancora milioni di tonnellate di macerie. Nel capoluogo abruzzese sono stati danneggiati 16 mila edifici, 8.700 dei quali molto gravemente. Ma non possono essere ristrutturati perché prima deve essere stilato il piano di ricostruzione del centro storico che si è perso nelle lungaggini della burocrazia. La responsabilità viene rimpallata tra il governatore dell’Abruzzo e commissario straordinario Gianni Chiodi, il vicecommissario Cicchetti e il sindaco Massimo Cialente.

Solo 5 delle 1500 attività hanno riaperto i battenti, 2400 operai sono in cazza integrazione, 800 partite iva sono rimaste chiuse. Da luglio 2010, dopo 15 mesi di sospensione, gli abitanti hanno ripreso a pagare le tasse e dal prossimo novembre dovranno iniziare a rimborsare anche quelle non pagate nella pausa. Il Governo ha stanziato 4 miliardi di euro, ma solo per il centro storico de L’Aquila ne servirebbero 6, senza contare monumenti e Chiese, snobbate dai Beni Culturali.

La zona rossa è chiusa e presidiata dai militari, per entrare serve il casco di sicurezza. Qui si concentrano gli edifici squarciati, alcuni illustri come il Palazzo Picalfieri e il Palazzo Dragonetti, del periodo barocco. Qui ci sono anche i 14 palazzi costruiti con la sabbia negli anni Sessanta, notoriamente fuori norma, che si sono squagliati durante la scossa. Tra questi 14 anche l’asilo dell’Annunziata e la Casa dello Studente, cimitero di 8 giovani.

Una volta Corso Federico II era il centro della movida aquilana, alimentata soprattutto da studenti universitari e turisti. Ora sono scomparsi. Sulle transenne troneggia una triste scritta:

State cancellando tutti i nostri songi, c’è bisogno di spazi, di lavoro, di vita.

Spariti i tavolini all’aperto: si sono trasferiti in Via della Croce Rossa, fuori dal centro. Una strada a scorrimento veloce costeggiata da una discarica a cielo aperto che pullula di amianto sgretolato. La chiamano la favela aquilana, solo dopo ripetuti reclami si è riusciti a farla delimitare con il nastro arancione.
Solo qui i proprietari hanno potuto riaprire i locali ma sono inutili le richieste di migliorare la qualità della zona, senza illuminazione e con marciapiedi dissestati.

La comunità de L’Aquila è morta con il sisma. L’ha provato uno studio di alcune Università. Le 19 new town, senza mezzi pubblici per raggiungere la città, l’hanno spezzettata. Case pronte che ben presto si sono rivelate problematiche: sistemazioni rivedibili dei sanitari che rendono difficoltoso l’utilizzo, giardini all’inglese seccati che da vanto sono diventati infamia, umidità insopportabile, acqua che entra in casa quando piove. Dovevano essere temporanei, ma la speranza di tornare alla normalità si è spenta da un pezzo.
Esplode, di conseguenza, la rabbia con la classe dirigente, evidente in uno striscione del comitato 3.32:

Berluscò, non te fa revedé. 6.4.2011 niente sciacalli.


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