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2. Il diavolo

Creato il 13 febbraio 2013 da Vivianascarinci

 

1. Premessa

quando mai c’è, per quel che ne sappiamo, una cosa senza di noi? Chi è attore di linguaggio, ma amoroso di figure, deve pur compiere con parole quel che vede, facendolo rinascere dalla sua lingua. Nanni Cagnone

Nelle fiabe c’è spesso un convegno al quale messaggeri meravigliosi hanno convocato e condotto. Poi, giunti al luogo non c’è nessuno: “una fratta selvaggia oscura e vuota”. Ciò significa soltanto, in quelle fiabe, “Ti aspetto più avanti” (ascende superus, duc in altum, Lc 14,10- 5,4). Dove? Nessuno lo sa; più avanti. Cristina Campo

2. Il diavolo

All’inizio de La regina della neve  Andersen dà un annuncio solenne che ci fa pensare ancora una volta che l’autore non si stia rivolgendo soltanto a un pubblico di piccoli lettori. Andersen ci avvisa che alla fine di questo lungo racconto noi ne sapremo molto di più sul diavolo e del suo potere sul mondo. La prima storia delle sette che compongono quel meraviglioso romanzo che è La regina della neve infatti è un antefatto, il motivo cioè che causerà  le disavventure di un bambino e di una bambina per via  di un incidente occorso a uno strumento diabolico. La seconda cosa sorprendente che apprendiamo riguarda un aspetto della vita intima del  diavolo frequentato di rado anche dalla letteratura per adulti, cioè quello di come impiega il suo tempo libero. Infatti lo vediamo impegnato per diletto, come un qualsiasi hobbista, nella costruzione dilettantistica  di un oggetto. Ma siccome è il diavolo, non sta facendo decoupage ma sta fabbricando uno specchio  che di ogni cosa riflette  il contrario se questa è dritta, il rovescio  se questa è  bella, la sua perversità  se questa è amata. Diciamo che all’inizio lo scopo principale di questa impresa diabolica era soltanto la derisione. Ad esempio  un pensiero buono diventava qualcosa di ridicolo, qualcosa che faceva ridere.  Per un po’ fu sufficiente questo per divertirlo, ma poi dopo quella domenica pomeriggio in cui inventò lo specchio, il diavolo, che era un cattivo maestro, tornò alla sua classe di cattivi studenti e più allegro del solito, raccontò il suo esilarante fine settimana, così tutti i suoi studenti diabolici andarono in giro a raccontare che finalmente un miracolo al contrario era in grado di mostrare veramente come fossero gli uomini e il mondo.  “Io sono il dio nelle cui mani gli uomini pongono i loro desideri” scrive Gustav Meyrink (2), parlando per bocca di Lucifero.  La tentazione si può dire che per un diavolo costituisce le basi del mestiere in quanto è la premessa di ogni dannazione sua e altrui ma è anche l’irriverenza che sta alla base di tutti i moti indipendentisti dell’anima. Per cui accadde che gli studenti del diavolo furono tentati di mettere alla prova la straordinaria malignità dello specchio risalendo con quello alla mano tutte le gerarchie del bene al solo scopo di ridicolizzarle. Ma finché si trattò di cherubini alati ricciuti e paffutelli,  lo specchio si limito a sghignazzare rendendoli deformi però quando la risalita dei goliardi arrivò un po’ più in alto, lo specchio non resse alla visione pervertita degli arcangeli e  tanto si agitò che scivolò dalle mani degli studenti per precipitare fin sulla terra frantumandosi in mille pezzi, schegge e polveri che si dispersero ovunque nel mondo diventando, il mondo, anche un po’ fatto delle stessa sostanza di quello specchio. I ghiacci non si trovano solo al colmo delle altezze ma sono anche al colmo della profondità. Sotto la terra, sotto l’acqua, sotto il fuoco dell’inferno, c’è il nono cerchio dantesco, l’ultimo, che è fatto di ghiaccio ed è riservato ai traditori. Qui, di ghiaccio e non di fuoco è la casa di Lucifero. Un luogo in cui nulla è abbastanza fermo, assoluto, cristallizzato, compresa l’intenzione del male. Questo è l’antefatto di una storia che già dal principio smette apparentemente di riguardare il diavolo per diventare la narrazione del viaggio iniziatico che  un ragazzo e una ragazza  compiranno in questo mondo danneggiato da uno specchio diabolico, separatamente forse non tanto per ritrovarsi alla fine, come sembra lo scopo dichiarato del viaggio. Continua …

da “La regina della neve nella riscrittura quasi fedele di Viviana Scarinci”


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