Un altro primo d’aprile spostato alla fine del mese. Continua il pesce aprilino della resistenza veterana, inveterata ed infinita (ma quanti anni hanno questi partigiani? Li tengono in vita con qualche elisir segreto di stato?), lo scherzo alla Storia con la memoria corta ed il passo lungo del tradimento dei valori e degli ideali che, inizialmente, avevano animato la resistenza (soprattutto comunista) al fascismo. Così si consuma ogni anno alla stessa ora, sulle stesse piazze, con le stesse facce di bronzo di ieri e di oggi il rito collettivo dei migliori che si sentono i fondatori della patria. Gli antifascisti di professione, azionisti del voltafaccia, si fanno beffe dell’Italia da più di cinquant’anni. I partigiani vivono e lottano sempre insieme a noi mentre i loro acerrimi nemici sono tutti già trapassati. Muoiono i repubblichini, i reduci di guerra, i marcianti su Roma, muoiono tutti, belli e brutti, escluso i combattenti antifascisti che immancabilmente, ogni 25 d’aprile, scendono in strada contro i fantasmi della dittatura mussoliniana e le sue proiezioni berlusconiane moderne, accompagnati dagli uomini in carne ed ossa del totalitarismo politico servile dell’epoca nostra. Ed ogni anno si fanno le medesime polemiche contro gli esponenti e i partiti politici non graditi, ritenuti discendenti in linea diretta delle camicie nere o brune, i quali vengono malmenati e cacciati dalle manifestazioni, oppure nemmeno invitati al ballo in maschera della libertà e della democrazia. E tali idioti, infidi dell’altra parte del cielo, ancor più smemorati dei primi, ci restano pure male e si lamentano per essere stati estromessi da un “momento di unità attorno ai valori della democrazia e della libertà”. Il “tradimento della Resistenza”, già dopo la fine della guerra, come ha scritto il saggista veneto La Grassa, fu l’inizio di un “mutamento di campo [da parte del PCI] con l’accettazione del carattere antifascista della resistenza. Agitando l’esempio greco, dove nella guerra civile (1946-49) i comunisti di Markos furono battuti dall’intervento angloamericano, si condannarono i cosiddetti “secchiani” (da Pietro Secchia) per primitivismo politico, per non aver voluto tenere conto della lezione di Yalta. Non è esattamente così, si mentì per poter attuare i propri trasformismi. Certamente vi fu chi non aveva compreso come non fosse possibile trasformare la Resistenza in movimento di rivoluzione sociale. Da tale impossibilità non discendeva però automaticamente la trasformazione di un evento (che lo stesso Cossiga ammise essere stato per l’80% promosso e sostenuto dai comunisti) da lotta con intenti di trasformazione sociale a semplice “cacciata dei fascisti” (http://www.conflittiestrategie.it/2012/04/02/una-aggiunta-scritto-da-giellegi-il-2-aprile-%E2%80%9812/). Già, e così gli “spartiroba”, cioè i badogliani, i liberali, i democristiani e socialisti s’intesero facilmente con i comunisti arretrati entro l’orizzonte capitalistico che abbandonarono qualsiasi velleitarismo rivoluzionario ma non la vulgata propaganistica, da dare impasto alle masse operaie cretinizzate, del “faremo come la Russia”. In tale modo è stato generato questo aborto identitario e commemorativo giunto ora alla sua massima espressione di mistificazione e di qualunquismo, sul quale si fonda l’odierno imbecillume repubblicano che ogni 25 Aprile tocca il cuore e svilisce il cervello. Dice ancora al riguardo La Grassa: “l’antifascismo azionista – erede dei socialisti liberali, forse più ancora che dei liberalsocialisti – è stato il terreno fertile per le più gravi involuzioni della storia della Repubblica italiana sfociate in “mani pulite” e su cui ho già detto più volte ciò che penso. Questo antifascismo sta compiendo adesso un ulteriore salto di qualità, facendosi apertamente complottista ed eversore“. Quindi buon 25 Aprile un corno!!! L’Italia vive purtroppo un eterno 8 settembre ed i risultati devastanti sono tutti sotto i nostri occhi.
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