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25 novembre 2005: muore George Best

Creato il 25 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

“Era il 1976, si giocava Irlanda del NordOlanda. Giocavo contro Johan Cruyff, uno dei più forti di tutti i tempi. Al 5° minuto prendo la palla, salto un uomo, ne salto un altro, ma non punto la porta, punto il centro del campo: punto Cruyff. Gli arrivo davanti, gli faccio una finta di corpo e poi un tunnel, poi calcio via il pallone, lui si gira e io gli dico: ‘Tu sei il più forte di tutti ma solo perché io non ho tempo” G. Best

Questa è una storia di pallone, una storia di estro ed eccessi, di genio e sregolatezza.

Comincia tutto nella Belfast dei primi anni ’50, una città intrisa d’odio che da lì a una decina d’anni sarebbe diventata teatro di una delle pagine più tristi e sanguinose della storia britannica. Il nostro protagonista si chiama George; suo padre, un certo Dickie Best, è un membro dell’Orange Order – e come ogni buon protestante nord irlandese cresce il figlio nel culto della Chiesa Presbiteriana. George però è un ragazzino agitato, difficile da controllare e poco consono ad una società radicale e fondamentalista come quella irlandese dell’epoca. Il ragazzino, tra l’altro, ha un altro difetto: non ama giocare a rugby e alla palla ovale preferisce il pallone da calcio.

È il 1961, Best ha 15 anni quando viene notato da Bob Bishop, un osservatore del Manchester United, il quale invia immediatamente un telegramma all’allora allenatore dei Red Devils, Matt Busby, in cui scrive: “Credo di averti trovato un genio“. Credeva bene Bob.

Comincia così la brillante carriera del più forte calciatore nord irlandese di sempre e probabilmente di uno dei migliori calciatori nella storia di questo sport. Fisico gracile ma tecnica sopraffina, Best è un maestro nell’arte del dribbling, capace di superare i difensori avversari con una facilità disarmante. Ben presto Il Quinto Beatle – così chiamato per l’acconciatura simile a quella dei membri della band di Liverpool – diventa l’idolo dei tifosi dello United e la sua maglia numero 7 entra nella leggenda, assumendo un carattere quasi sacrale – la tradizione della leggendaria n° 7 proseguirà con Robson, Cantona, Beckham e Ronaldo -. Con la maglia del Manchester Best vince due campionati, una Coppa d’Inghilterra, una Charity Shield e nella stagione 1967-68 alza la coppa della Champions League e vince il Pallone d’oro.

Fuoriclasse in campo, George Best è anche la prima “rockstar” nel mondo dello sport. The Bestie vive una vita sregolata, fatti di eccessi, vizi e tanto alcool, come egli stesso ha avuto modo di sottolineare più volte: “I spent a lot of money on booze, birds and fast cars, the rest I just squandered” (“Ho speso molti soldi per alcool, donne e macchine veloci. Il resto l’ho sperperato”). L’alcool diventa presto il peggior nemico di Best: nel 1984 il calciatore è costretto a scontare tre mesi in prigione per guida in stato d’ebbrezza e resistenza a pubblico ufficiale; nel 2000 viene ricoverato per gravi danni al fegato causati dal consumo eccessivo di alcool e due anni più tardi subisce un trapianto proprio al fegato corroso.

Una vita al massimo, finita probabilmente troppo presto. Il 25 novembre del 2005 Best muore al Cromwell Hospital di Londra per un’infezione epatica, pochi giorni prima lo stesso George aveva lanciato un ultimo appello in cui invitava i suoi fan a non morire come lui. Una fine triste, troppo triste per uno dei capitoli più divertenti della storia dello sport.

Perché Best è eleganza, è talento, è divertimento, l’icona di tutto ciò che vorremmo vivere almeno una volta nella vita. Pelè is good, Maradona is better, George is Best.

Tags:Beatle,Belfast,calcio,Cruyff,George Best,Manchester United,maradona,Nord Irlanda,pelè,Red Devils,sport

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