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Creato il 26 ottobre 2014 da Malvino
Sono contrario alla pena di morte, all’ergastolo, ai trattamenti disumani e degradanti inflitti ai detenuti, alla custodia cautelare in attesa di un processo e, in generale, penso che il carcere dovrebbe essere solo l’extrema ratio della sanzione penale. A pensarla a questo modo non mi guida un animo compassionevole, ma la fredda presa d’atto che alla collettività torni più utile maggiore il recupero dell’individuo che abbia commesso un reato piuttosto che l’immolarlo a soddisfare l’istinto di vendetta o dal far uso della sua persona per illustrare a scopo deterrente cosa debba aspettarsi chi viola la legge: nessun inasprimento delle pene ha mai ridotto l’incidenza dei crimini cui si intendeva mettere un freno, né la durezza del regime carcerario è mai servita a svuotare le galere. Ecco, dunque, la prima sostanziale differenza tra le mie opinioni e quelle di recente espresse da Bergoglio, che sembrerebbero sovrapponibili: io riesco a provare compassione solo per chi ha subìto il crimine, non per chi l’ha commesso, in più ritengo che chi nega dignità di essere umano anche al peggiore dei criminali in fondo la nega anche a se stesso. Ma le differenze non si limitano a questo. Io non rappresento che me stesso, Bergoglio no. Bergoglio è a capo della Chiesa di Roma e dello Stato della Città del Vaticano. Come capo della Chiesa di Roma, deve rendere conto di ciò che recita il Catechismo della Chiesa Cattolica: «L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (2267). Se viene meno l’insegnamento tradizionale della Chiesa su questo punto, vengono meno anche i principi che lo sostenevano, e questi non possono venir meno senza che si spieghi quali fossero, e perché vengano meno, e solo adesso. Prim’ancora: c’è qualcosa che può far venir meno l’insegnamento della Chiesa? Cosa lo giustificava prima, che ora non lo giustifica più? E come è possibile? Donde trae sostegno, l’insegnamento della Chiesa, da immodificabili assunti dottrinari o dalla corrente sensibilità del momento?  Ma poi è davvero così? Se «i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti», essi non sono evidentemente impossibili: in tali casi la pena di morte è moralmente lecita? Urge modificare il testo del Catechismo della Chiesa Cattolica o spiegarsi un po’ meglio quando si è in favore di telecamere e microfoni, evitando di puntare solo a raccattare simpatie mondane. Ma le cose non vanno meglio in quanto a capo di uno Stato che ha formalmente abolito la pena di morte solo nel 2001 e l’ergastolo solo nel 2013: se l’abolizione di questi istituti trova ragione nel rispetto della dignità umana, è da intendersi che, quando erano in vigore, il rispetto della dignità umana non era tra le preoccupazioni dei venerabili predecessori di Bergoglio? E come può essere, se si è capo di quello Stato solo in virtù del fatto di essere vicario di Cristo, e per volontà dello Spirito Santo? E in quanto al dichiararsi, oggi, contrario alla detenzione prima della condanna definitiva, chi ha firmato il provvedimento restrittivo per l’ex nunzio della Repubblica Dominicana, monsignor Jozef Wesolowski? Infine, e perché io possa continuare ad avere il diritto di lamentarmi delle ingerenze vaticane quando queste si sostanzieranno in opinioni diverse dalle mie, diritto che decade per chi in queste ore asininamente plaude al sovrano che si scopre garantista: Bergoglio pensasse alla giustizia divina, ché a quella umana ci pensa il mondo laico.  

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