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Sono trascorsi 26 anni da quando l'Italia ha sottoscritto la Convenzione ONU contro la tortura e, come ricorda Marchesi, il presidente di Amnesty International Italia, si sono avvicendate già quattro legislature e non è accettabile vederne passare un'altra senza che venga introdotto (finalmente) anche nel nostro paese il reato di tortura nel codice penale.
L'associazione Antigone ha denunciato la posizione del SAP, il sindacato autonomo di polizia, che si è schierato contro l'introduzione del reato di tortura nel codice italiano: a loro avviso infatti, il riconoscimento del reato sul piano legislativo precluderebbe alle forze dell'ordine la capacità di operare efficacemente (!). Al riguardo Antigone ricorda che le Nazioni Unite hanno approvato la convenzione contro la tortura nel 1986 e che questo reato viene considerato un crimine contro l'umanità nel diritto internazionale per cui è competente per il giudizio in materia anche la Corte internazionale dell'Aia.
Alcuni giorni fa, il 23 giugno, il nostro ministro degli interni, Angelino Alfano, ha sottolineato l'importanza della introduzione del reato di tortura in Italia, cercando anche di rassicurare la polizia sul fatto che non si intende con questo perseguire l'operato delle forze dell'ordine, ma semplicemente introdurre delle norme che sanciscano i limiti della legalità nel rapporto tra polizia e cittadini.
La convenzione ONU contro la tortura è stata ratificata da 157 nazioni, tra le quali l'Italia: dal 2010 ad oggi Amnesty International ha denunciato casi di tortura in 141 nazioni ed i paesi dove la tortura viene praticata con maggiore frequenza sono le Filippine, il Marocco, il Messico, la Nigeria e l'Uzbekistan.
Amenesty International coglie l'occasione della ricorrenza odierna per sollecitare le istituzioni italiane ad introdurre il reato anche nel nostro ordinamento interno nazionale.
Antigone ricorda il caso tutt'ora pendente innanzi alla Corte internazionale delle torture inflitte a due detenuti nella prigione di Asti: il pomo della discordia col SAP infatti è soprattutto la voce torture psicologiche (peraltro contemplate nella Convenzione internazionale).
Il sindacato di polizia sottolinea la difficoltà nella definizione di tortura psicologica, rappresentando che anche una intonazione dura nel corso di un interrogatorio potrebbe essere incriminata come tortura psicologica, ma questa voce non può essere eliminata, dato che fatti gravi come privazione del sonno, isolamento, minacce, finte esecuzioni, deprivazione sensoriale e molto altro sono classificabili come torture psicologiche, né sarebbe pensabile legittimare e/o depenalizzare comportamenti di questo tipo.
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