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Creato il 28 dicembre 2014 da Malvino
Sull’ultimo numero de l’Espresso (XL/52), nella sua rubrica bisettimanale (La bustina di Minerva – pag. 138),  Umberto Eco afferma di aver posseduto «una tarda traduzione italiana (1914) di un libello di tal G.B. Pérès intitolato “Napoleone non è mai esistito”», della quale dice di essere recentemente «riuscito a scovare la prima edizione, del 1835, che s’intitola “Grand erratum source d’un nombre infini d’errata”». Possiamo immaginare il dolore del bibliofilo che scopra di essere stato infinocchiato, dunque gli si faccia sapere con la dovuta delicatezza che la prima edizione dell’operetta è del 1827, pubblicata a Parigi in forma anonima col titolo che recita Comme quoi Napoléon n’a jamais existé, ou Grand Erratum, source d’un nombre infini d’errata à noter dans l’histoire du XIXe siècle. Per saperlo gli sarebbe bastato un giretto sul web, di cui spesso ha lamentato l’approssimazione e l’imprecisione dei dati messi a disposizione dell’utente. [Non è il web, tuttavia, che qui mi è tornato di aiuto, ma un piccolo saggio di Gianni Guadalupi su un vecchio numero di FMR (I/8 - pagg. 95-116).]  A proposito di approssimazione e imprecisione. Nella descrivere la teoria di «G.B. Pérès» (in realtà, J-B. Pérès, Jean-Baptiste), Umberto Eco dice che «l’autore dimostra che Napoleone è soltanto un mito solare, e argomenta con dovizia di prove trovando analogie tra il sole, Apollo (e “Napoleo” significherebbe “veramente Apollo lo sterminatore”), nato anche lui su un’isola mediterranea, mentre la madre Letizia significherebbe l’aurora, e Letizia proverrebbe da Latona, madre di Apollo», mentre in realtà il parallelismo tra Latona Letizia è retto solo dalla assonanza tra Λητω e laetor.
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