Pubblicato da fabrizio centofanti su dicembre 8, 2011
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Arturo è uscito in strada, il dado è tratto. Ha superato il lato grigio di cortile imbottito di automobili in sosta selvaggia; ora deve solo attraversare la strada, facendo attenzione a non essere travolto dalle macchine in corsa . Prima di allungare un piede nella via, è colto da un pensiero che non può ignorare: non dovrebbe, prima di incontrare Ester, liberarsi di tutti i pregiudizi che gli impediscono di prenderla così com’è e non come la vorrebbe lui? Se andasse adesso, non arriverebbe col suo carico di desideri e di paure, rischiando di mandare tutto all’aria? E’ preso da un fuoco, ma non capisce se sia la fiamma della passione ardente o il diavolo che gli suggerisce di lanciarsi per fargli fare la figura più barbina della vita. E’ il problema degli scrittori, pensa Arturo: hanno davanti agli occhi tutto il ventaglio di possibilità e non sanno decidersi per nessuna fra le tante. Ricorre a uno dei trucchi del mestiere e personifica la scena.
- Dimmi, Satanasso, stai cercando di fregarmi?
- Acqua, acqua. Pensi che sia così stupido da dirtelo?
- Che ci guadagni a mandarmi in bianco per l’ennesima volta? Anzi, potresti indurmi in tentazione, facendomi cadere nella pania di una possibile maliarda.
- Fuocherello. Osa, Arturo, puoi arrivarci.
- Potrei vendermi l’anima, pur di conquistarla.
- Fuoco! Fuoco!
- Maledetto, vuoi sprofondarmi nell’inferno.
- Dica, devo aspettare ancora molto?
Arturo ha un soprassalto: un’auto si è fermata per lasciarlo passare. In ventiquattr’anni non era mai successo.
- Grazie, grazie!
Ormai è costretto a varcare la soglia decisiva, è a pochissimi metri dal traguardo.
- Gliel’ho detto io.
- Cosa?
- Di fermarsi per lasciarti attraversare.
- Che il diavolo ti porti.
- Arturo, ma che dici?






