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43. Dietro l’angolo

Creato il 26 aprile 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 26, 2012

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Siete arrivati nell’albergo prenotato a Roma, al numero 20 di Rue de Berthollet. Non avete visto niente di simile finora: letti sospesi, luci fluorescenti, praticamente un’astronave o forse una discoteca del futuro. Perché prendere stanze separate? Con una risparmiate, e ormai sapete tutto l’uno dell’altra. Dove sarà Mattea? Con chi starà sfogando la sua rabbia? Te la sei giocata, questa volta: hai ancora negli occhi l’espressione da Medusa, le parole al cianuro che ti hanno lasciato senza fiato: non voglio più vederti. Ti chiedi se l’unica donna che hai amato veramente non ti abbia maledetto nella mansarda dalle brocche stile Modigliani e le stelle grigie penzolanti sopra il tavolo. E Marika? Che avrà pensato, nel momento dell’umiliazione più cocente? Non hai avuto il coraggio di parlarne. Anzi, non avete detto nulla dal momento in cui si è rivestita e per un tacito accordo siete andati a piedi nella piazza dei taxi e vi siete ritrovati davanti al Seven Hotel di Rue de Berthollet. Non avete scambiato impressioni sulla sua architettura fuori del comune: siete saliti come in trance fino alla stanza blu, come un acquario, pesci sfuggiti alla mattanza: lei guizzerà velocemente fino al letto, l’azione partirà dal punto in cui Mattea vi aveva colti in flagrante, forse il passato si resetta con un delete sulla tastiera della vita: possibile si debba conservare proprio tutto? Non hanno inventato una tecnica di oblio, un bianchetto da spalmare sui punti neri che impediscono di godersi il foglio bianco? Sai solo che Marika è di nuovo qui davanti, col vestito bianco e nero, le labbra grandi che hanno perso la forza di sorridere, i denti un po’ in fuori che ti sembravano così graziosi. Stai per spogliarla come l’altra volta, ma un pensiero ti cattura, le dici aspetta un attimo, ti dirigi all’ascensore, vuoi chiamare il don, dirgli che lo pensi, che non l’hai dimenticato e chiedergli se ha fatto l’insulina. Passi una camera, due, la terza è aperta. Lanci uno sguardo nell’interno, vedi uno seduto al tavolino, un computer portatile, la sigaretta accesa illegalmente; l’uomo avverte un rumore, forse l’ombra che si è allungata fino alla schermata del suo Mac.
- Cerca qualcuno?
- Lei è uno scrittore?
- Me lo chiedono in tanti.
Pensi che potrebbe ricucire lui i pezzi della tua avventura, mettere insieme le schegge impazzite di un mosaico che pareva definitivamente compromesso.
- Vorrei raccontarle la mia storia.
Sei avvolto dalla luce blu come da un cielo gravido di stelle. Ti sembra di sentire una voce che canta Bellamore, Bellamore. Amerigo ti guarda come fossi un mentecatto e forse lo sei, ma cosa te ne importa? Il letto sospeso è la spiaggia delle dune, il vaso dei fiori è il passero che becca in cima alla grondaia, il lampadario è il sole che tramonta dietro le tende a righe dei vicini. Dietro l’angolo ci saranno il berretto di lana e la sciarpa color latte. Ora vai a prenderli, dirai a Mattea che li ha lasciati là, se n’è dimenticata.


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