Palisadoes, Port Royal, 1668 Era il primo pomeriggio, Eve Richter aveva raggiunto le spiagge Palisadoes assieme a Cate Sinclair, dopo aver sgraffignato salsicce nell’ultimo negozio del borgo. Ora le due bambine erano presso il canale, nascoste dietro i grandi massi. La Biondina piangeva a singhiozzi, stringendo le mani sotto il grembiule, mentre Eve, incurante, addentava il bottino succulento, placando finalmente la sua fame. La ragazzina, dieci anni appena, era abituata a cavarsela da sola, perché la madre, una teutonica rossa di origine austriaca, dormiva tutto il giorno lasciandola sola a se stessa e senza cibo. Era naturale che Ingrid dormisse sodo, dopo aver abbordato clienti per conto della tenutaria del Sella di Seta. Il postribolo aveva offerto una remunerativa occupazione alla cestaia, da quando il marito Georg Richter, era finito in prigione per l’omicidio di quel contrabbandiere. Fabbricare cesti non offriva lo stesso guadagno che vendere il proprio corpo e, dopo anni di stenti, Ingrid era scesa a compromessi con la malavita, a discapito della figlia costretta a crescere allo sbaraglio. Con i capelli rossi come la madre e con gli occhi verdi del padre assassino, la bella Eve era sveglia per la sua età e già troppo alta, anche se la faccia smunta e lentigginosa non lasciava presagire l’avvenenza che presto l’avrebbe caratterizzata. Cate Sinclair aveva un anno meno di lei e il viso angelico era perfetto per ingannare i polli, infatti, poco prima Eve l’aveva convinta a distrarre il garzone del macellaio, così che lei potesse rubare le salcicce appese al gancio. Eve era troppo appariscente e conosciuta, per arrischiarsi a rubare da sola, ma la piccola Cate, ingenua com’era, era perfetta per farle da palo. Le due erano cresciute insieme, nel vicolo tutti i bambini erano fratelli ma Catherine era la sua preferita, meglio della sorella Jane che già si atteggiava a signorina, di Ellen che non stava ai suoi comandi, o di Steven che cercava sempre di sollevarle la gonna. Masticando a bocca aperta, Eve offrì il cibo alla bambina che piangeva: -Tieni Cate!- ma quella scuoteva il capo, inconsolabile ed esageratamente disperata. Eve si arrabbiò: -Insomma che hai?- Cate si asciugava le lacrime che sembravano inarrestabili, tirando su col nasino corto: -Mi sono vergognata tanto di rubare! La mia mamma non vuole!- disse. Eve alzò le spalle, con incuranza: - Non hai fatto nulla, tu! A tua madre basta non dirlo, certo io non lo farò!-, la ragazzina non stimava zia Meg, che la guardava sempre con severità e non vedeva di buon occhio la sua amicizia con le figlie, ma Eve se ne infischiava della sua autorità, lei aveva un marito e un padre per i figli, la sua mamma no. Da almeno un anno, da quando il bordello aveva aperto i battenti a sua madre, Eve viveva in pratica da sola, libera da obblighi e orari, e per quanto fosse duro arrangiarsi, non sarebbe mai tornata ai rimbrotti di un tempo, alle ore trascorse sul ricamo, alle domeniche passate a rosicchiare pane vecchio, a spaccarsi la pelle con i vimini delle ceste. Ora il cibo mancava solo quando la madre non ne comprava, qualche soldo in tasca per dolciumi c’era sempre e spesso gli amanti della madre le facevano piccoli doni. Eve Richter era ancora una bambina, ma dentro di sé aveva già sviluppato pensieri da donna, ed essi comprendevano aspirazioni da cui trarre profitto. Il Sella di Seta cercava sempre ragazze nuove e, giacché lei aveva libero accesso alla casa di tolleranza, pensava che non sarebbe stato difficile trovare lì un’occupazione, una volta cresciuta un po’. Abbassò gli occhi e portò le mani al petto scarno, il busto le andava addirittura largo, ma tanto sapeva come facevano le ragazze mal fornite: imbottivano con volant e sacchetti di piume il décolleté, così che le tettine si rigonfiassero sotto la gola. Se era necessario, avrebbe fatto lo stesso! Maliziosa, sollevò le gonne, specchiando nelle acque del canale le esili gambe, dalle ginocchia rotonde e sporgenti. Cate sgranò gli occhi quando si accorse della giarrettiera, e smise di piangere immediatamente:-Che hai lì?- Eve Richter rise scuotendo la gamba nuda e la giarrettiera sottratta alla madre ballò sulla coscia magra: -Una giarrettiera per tenere le calze. Le donne portano anche delle brache intime, al Sella le chiamano briglie da culo. La sarta di mia madre dice che sono calzoni a la galeotta.-, rivelò con aria saccente. Gli occhi della piccola Cate parvero ingrandirsi: -Che cosa sono?- -Delle brache di mussolina da mettere sotto le gonne, con uno spacco sotto per fare i bisogni. Madame Marguerite ne ha un paio nel suo baule, me le ha mostrate Julie l’altro ieri mentre le rifaceva il letto!- -E a cosa servono?- la incalzò l’amica. Eve rimase interdetta, perché non sapeva che rispondere. In effetti, erano piuttosto imbarazzanti quelle brache di stoffa impalpabile, ornate di pizzi e nastri… Si fermò per rifletterci e si udì un fischio prolungato. Le bambine alzarono il capo, e in cima alle rocce stava un pescatore che si toccava in modo osceno in mezzo alle gambe. Spaventata, Cate corse ai ripari mentre Eve, le gonne ancora a mezz’asta, osservava gli strani maneggi del vecchio sporcaccione. Più curiosa che realmente interessata, guardò quel che solitamente aveva visto fare ai cani e si accorse che era lei, la causa di quell’effetto abominevole e grottesco. Era troppo lontana, ma udiva bene i grugniti dell’uomo, sembrava soffrire molto e questo la fece sentire in qualche modo potente, e fiera. Gli occhi verdi di Eve brillarono di soddisfazione e, mollando le gonne, prese a correre sulla spiaggia inseguendo Cate che tornava a casa. Udì l’uomo gridarle qualcosa ma la brezza fra i capelli nascose quei suoni. Eve non sapeva riconoscere quell’emozione, aveva solo voglia di ridere, e si ripropose di tornare a sbirciare al bordello assieme a David e Piccolo Matt, alla prima occasione, certa che avrebbe avuto qualcosa da imparare. foto dal web
Pubblicato da blanca.mackenzie | Commenti (17) Tag: comprimariMagazine Libri
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