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52. Onda

Creato il 29 marzo 2011 da Fabry2010
52. Onda

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L’immagine che Marco ha negli occhi è di quelle che impressionano: uno scorcio di piazza in cui si ammirano i palazzi dai grandi portici come buchi neri in universi di pietra variegata, incisa, fitta di bifore e trifore ricamate con spreco di bellezza; sulla sinistra spiccano serrande verdi che risuscitano ricordi infantili di pistacchi e dentifrici, l’odore e il sapore del pulito, i rimproveri della madre ansiosa, la fretta di uscire col cestino pronto, il fiocco mezzo gualcito, la paura di incontrare gli altri, la maestra, i compagni sempre pronti a fare scherzi, anche cattivi; nella parte bassa dell’immagine, l’acqua sommerge la piazza come un ospite invadente che ha deciso di mancare di rispetto, un’onda simile a quella che alza un motoscafo, violenta come le spinte dei compagni, il palo della luce sommerso per metà, come te che subisci l’assalto degli altri appena l’insegnante si mette a parlare sulla porta. L’acqua alta a Venezia è la tua vita, sempre sul punto di soccombere a qualche cataclisma, senza sapere se sia un’esperienza solo tua o se la storia si ripeta per ogni uomo o donna che nasce sulla terra. Da qui scaturisce la vocazione di scrittore, l’ostilità al realismo che incatena ai fatti e impedisce di trovare soluzioni alternative, uno scampo all’acqua che dilaga, al flutto che espugna portici e negozi, uffici e appartamenti. Marco ha imparato a sovrapporre immagine su immagine: quello che vede, adesso, è un portico affacciato sul canale, colonne color pastello che reggono archi massicci di pietra resistente, un ponte che unisce all’orizzonte paure e desideri, un bambino appoggiato alla ringhiera con lo sguardo che si spinge oltre il canale e sfiora il palazzo scrostato che ha di fronte, la primavera che arriva, lo spiraglio azzurro fra tetto e tetto, rampicante e rampicante, e Marco intuisce che il romanzo è la linea che unisce le pupille del bambino con un mondo che solo la scrittura può creare, in barba all’onda, ai compagni di classe che lo incalzano, alla maestra che non si accorge di niente, alla paura di vivere, al rischio di essere inghiottiti dal nulla ogni momento.



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