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58. Bozze

Creato il 20 novembre 2010 da Fabry2010

58. Bozze

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Maria è pensierosa, anzi, combattuta fra destini opposti: restare qui come una foglia al vento, permettere al suo io vero di sbocciare, comunicarsi senza inibizioni; oppure ritornare, affrontare la realtà dei doveri quotidiani, le strettoie della morale, la programmazione pignola del lavoro. Ha bisogno d’aria, movimento: vaga per il quartiere latino, come un automa; o forse non è mai stata cosciente come ora che si fa portare dal pavè grigio tanto amato, perché i cubetti di pietra le ricordano i pensieri che s’incastrano a fatica, col rischio perenne di inciampare; mentre cammina, accarezza i paletti scuri di una ringhiera che corre lungo il marciapiede, simboli indecenti di un sesso che l’ha spinta in un’altra dimensione, strappandola alle abitudini di scrittrice solitaria e schiva; la strada si chiude all’improvviso con una friterie incorniciata dagli ombrelloni blu e la tenda rossa: un uomo in grembiule con la testa china riflette sui casi della vita, come se tutto il mondo si trovasse in balia delle stesse scelte difficili o impossibili; ma la più assorta è lei: solo adesso si accorge del percorso che si apre a un bivio segnato dal succedersi continuo di negozi, vetrine, piante e scritte luminose, come i capitoli di un romanzo che scorrono sotto la penna dell’autore in cerca di un oggetto interessante e originale, attrazione effimera di una fantasia sempre soggetta a distrazioni, a stalli in imbuti invisibili come la strada che si restringe senza alcun preavviso e ora è un budello fra due muri alti dalle pareti lisce, interrotte dai tubi dell’acqua e dai lampioni con forme d’altri tempi; no, ecco, si riallarga e lascia intravedere la tenda bianca e bordeaux di una pizzeria italiana, dove è sempre tentata di entrare, soprattutto adesso che un paese straniero potrebbe ingoiare in un boccone la sua storia; si ferma davanti a palazzi incorniciati da strutture metalliche e a un cancello sul quale appare un cartellone giallo con la scritta nera Ave Maria: perché proprio qui? E’ un richiamo al pentimento di chi si sta perdendo o un saluto a lei, che ritrova se stessa via dopo via, piazza dopo piazza, monumento dopo monumento, come se la statua di Comte o il negozio di assicurazioni in cui si riflette Quai de Montebello fossero echi oscuri provenienti da un passato che ha bisogno di essere riletto, rivisto più e più volte come pagine di un romanzo che prende forma solo dopo molte correzioni, perché fino ad allora è un ammasso informe di parole senza senso né bellezza? Ecco, ora le sembra di capire: la vita è una bozza da correggere fino all’ultimo respiro, in attesa del momento in cui si resti a bocca aperta noi per primi, perché anche il lettore possa trovarvi un segno di riconoscimento, sia in grado di specchiarvisi e dire: era questo che cercavo. Come i due occhi azzurri che ancora brillano sotto il ponte della Senna, divisi tra il respiro affannoso di Maria e il sogno inqiuetante di don Faber.



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