da qui
Sballottato dalla folla dell’autogrill, Leopoldo decide di fare un atto incongruo: leggerà una poesia ad alta voce. Chissà se un insegnante di scrittura lo catalogherebbe nella categoria sorprese. Certo, non è un granché, ma potrebbe anche avere conseguenze imprevedibili. I primi versi escono a stento dalla bocca un po’ impastata:
- Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
La gente sembra non aver sentito. Ma, ecco, una signora grassa, con un vestito a fiori, si volta con aria disgustata, come a chiedergli se non sia impazzito. Il volto di Leopoldo non fa una piega; sa che tocca a lui movimentare la trama, stamattina, e continua a proclamare:
- Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
Questa volta lo hanno sentito tutti quelli della fila. Un omone grosso lo fissa negli occhi e sembra voler passare dalle parole ai fatti. Una signora minuta, forse sua moglie, fa il gesto di calmarlo:
- Ma dài, che c’è di male, magari è solo matto.
- O forse è un poeta che vuole intrattenerci! azzarda una vecchietta col capellino giallo.
Tutti scoppiano a ridere.
Leopoldo prende coraggio e continua a voce alta:
- I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
Il cassiere alza lo sguardo tra uno scontrino e l’altro: si chiede se non debba chiamare il direttore.
L’omone grosso non riesce a trattenersi, la poesia non è il suo forte.
- La finisca! urla in faccia al bardo improvvisato.
Leopoldo non abbassa lo sguardo, e continua con tono più sommesso:
- E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
In quel momento, un pugno grosso come una bomba alla crema lo raggiunge in pieno volto. Mentre il sangue comincia a colare e lui si accascia lentamente al pavimento, precisa, quasi impercettibilmente:
- Era Nazim Ikmet.