Fort Charles, Port Royal, Isla Giamaica novembre 1680 L’avevano scaraventata in una cella all’interno della prigione, isolata. Il candelabro illuminava l’ambiente squallido e fumoso. Il tavolato che fungeva da giaciglio e la coperta che lo ricopriva, brulicavano d’insetti. Blanca rimase immobile, sconvolta dal disgusto, pronta a fare le sue rimostranze, ma uno schiaffo si abbatté sulla sua testa, un colpo non assestato con forza, ma certo in grado di farla barcollare. -Bastarda assassina!-, fu l’unico insulto e un calcio nel fianco la gettò contro il muro. Blanca si voltò di schiena per parare i colpi e le dita corsero agli stiletti, che però le erano stati sequestrati, ma il clangore delle sbarre della prigione indicò che le guardie erano uscite e lei poteva sentirsi, per il momento, al sicuro. Il puzzo di escrementi le causava il vomito: quando Morgan l’aveva fatta arrestare, Blanca pensava che l’avrebbe semplicemente portata al forte, segregandola negli alloggi di qualche ufficiale. In fin dei conti era una mercenaria, aveva collaborato alla cattura di molti bucanieri, ma non era colpevole, Hudson l’aveva tenuta in ostaggio, lei non aveva mai firmato la sua fedeltà al pirata, era stata vittima di quei fuorilegge. L’avrebbe spiegato all’ammiraglio, al governatore, a Sir Henry Morgan. Doveva essere quasi mezzogiorno, gli avvenimenti di quella notte avevano già preso la consistenza di un sogno, l’alba da poco trascorsa sembrava appartenere al passato, si sentiva svuotata di tutto, lontana. Usando i piedi, spostò la coperta lurida, diede alcuni calci alle tavole di legno per far cascare tutti quegli insetti schifosi, quindi sedette sul bordo di quel letto di fortuna. Il dolore al fianco stava già scemando e Blanca si rassegnò ad aspettare. Il muro incrostato di umidità era imperlato di acqua, Blanca seguì le gocce lattiginose che striavano la pietra, si sforzò di non voltarsi mai verso l’angolo che serviva da latrina, mentre si placavano i conati che la squassavano come una morsa sotto il mento. Non aveva mangiato nulla dalla sera precedente, vomitando avrebbe sconvolto il suo stomaco vuoto e non voleva sentirsi peggio di come già stava. Trascorsero parecchie ore, non c’erano finestre per giudicare il cielo, ma le candele erano quasi tutte spente. La donna non aveva pensato a risparmiarsi la luce perché temeva i ratti che scorrazzavano nel corridoio e lì sotto la spaventava, il buio assoluto. Nessuno pareva preoccuparsi di lei, non c’erano rumori né voci. La cella era claustrofobica, le pareva che le pareti anguste si chiudessero su di lei, dopo tanti mesi all’aperto, sull’Ibisco d’Oro, Blanca aveva intensamente desiderato la rassicurante solidità della terraferma, ma mai avrebbe immaginato di finire in prigione, in quel buco infernale. All’improvviso udì dei passi rimbombare sulle scale e un lume rischiarare il corridoio, e agendo d’impulso Blanca si alzò in piedi, aggrappandosi alle sbarre di ferro, desiderando che, chiunque fosse, portasse dell’acqua da bere. Come per risposta ai suoi desideri, visione insperata che la fece sorridere, Blanca scorse Hudson e White: erano arrivati a liberarla! Per un attimo la sua mente vacillò di sollievo, le si piegarono le ginocchia, ma si ingannava: la guardia era la stessa del mattino e dietro di lui stava Erik Reilly, il Boia! Nemmeno il cappuccio nero poteva celare la sua identità, a causa degli avambracci irsuti, coperti di efelidi e peli rossi come il peccato, che lo contraddistinguevano. Era un colosso ma irlandese come lei, pensò Blanca brevemente, prima di mettersi a tremare. Non aveva temuto la ciurma di Hudson, né i bucanieri di Tortuga ma questa situazione sembrava davvero drammatica e quelle bestie erano intenzionate a farle del male per il piacere di farlo. Cercando una maschera da indossare, Blanca ricacciò indietro il terrore e fissò un punto davanti a sé, indifferente e distaccata, continuando a ripetersi che si trovava a Port Royal ed era la signora Garth. Il primo pugno la colpì sulla bocca, riuscì a spostarsi indietro ma la centrò comunque, tutti i denti ballarono e le labbra si squarciarono, non fece in tempo a sentire il sapore del sangue che stramazzò svenuta. Quando riaprì gli occhi, incurante del sudiciume e la paglia del pavimento appiccicati alla sua guancia, si accorse di avere la gonna sollevata nel preludio di uno stupro ed essere esposta come carne da macello. Il Boia stava cercando di riaccendere i mozziconi di alcune candele, mentre la guardia si denudava completamente, sibilando oscenità. Blanca strinse le cosce: non l’avrebbe avuta facile, quel figlio di puttana, si sarebbe consumata le unghie sui suoi occhi, prima! Allargò le dita, tastando il terreno, in cerca di un’arma e, nel toccare la sua sottoveste strappata, le venne da piangere. Si ricordò di quella mattina, nel giardino della villa, rimpianse la porta nascosta che quell’uomo aveva varcato all’alba, supplicandola di seguirlo. Pensò a quel bacio, a come l’avesse stretta, passandosi la lingua sui denti insanguinati e dolenti. L’uomo nudo si gettò su di lei ma, forse reso cieco dalla propria lascivia, dall’oscurità della celletta e dall’ombra del Boia, non si accorse delle ginocchia piegate di Blanca, che gli affondarono nel ventre molle e non difeso. Mentre l’uomo ululava, piegandosi in due, Blanca rotolò carponi, per rimettersi in piedi. Reilly le afferrò i capelli sulla nuca, strattonandola all’indietro. Le parve che si spezzasse la sua gola, e la donna si accasciò come un burattino privo di nervi, trattenuta per i capelli come una bambola. In quell’istante echeggiò uno sparo, il soffitto basso ne propagò il suono spaventoso, la pietra focaia illuminò la stanzetta come un lampo e la voce di Sir Morgan, ancora più tonante, ordinò: -Fermo! Nessuno tocchi questa donna!- Blanca non avrebbe mai immaginato di legare a Morgan un sentimento di sollievo, lo fece perché non era solo: il governatore e le alte cariche di Port Royal la scrutavano nel buio, per capire cosa stesse succedendo. A quella visione, la donna ritenne opportuno perdere i sensi e dimenticare. foto dal web
Pubblicato da blanca.mackenzie | Commenti Tag: prigioniaMagazine Libri
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