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65. Ponti

Creato il 01 dicembre 2010 da Fabry2010

65. Ponti

da qui

La pistola dell’uomo longilineo dai capelli brizzolati è puntata verso il petto di don Faber, che lo guarda negli occhi:
- Come va, fratello?
- Fratello? Non sapevo di avere un fratello.
- Tu sei forestiero, non prenderla a male se l’ho chiesto così, senza conoscerti. Vedo bene che in questo momento sei in difficoltà e io ho a disposizione molto più tempo di quanto in realtà mi serva.
- Cosa vuoi dire?
- Costruisco ponti: ogni volta un ponte diverso. Ti confido una cosa: leggo nel cuore della gente. So che sei in crisi con la vita; oggi è diventata un impiego solitario. Il miracolo accade dove si fanno ponti, e i pensieri sono mossi dallo stesso vento che spinge le foglie morte sulle panchine umide di pioggia. Per vivere non bisogna imparare delle regole, ma lasciare che il cuore si converta, al vento, all’acqua, alla voce che passa e ha bisogno di silenzio per essere ascoltata. Dio vive tra ponte e ponte e detta il racconto che non saremmo mai riusciti a scrivere.
- Non so se sono pronto.
- Non c’è fretta, non devi preoccuparti: quando vorrai, potrai trovarmi nello stesso posto. Mi raccomando, fatti guidare dal vento, che non può sbagliare.
- Ti do la mia parola che presto tornerò.
Alza la mano per porgerla al prete, con un sorriso lieve. Uno degli alcolisti, immaginando in pericolo don Faber, balza in fretta come non aveva mai fatto nella vita e si getta sull’uomo longilineo dai capelli brizzolati, che fa un gesto repentino, come per difendersi, e nello scatto preme inavvertitamente sul grilletto. L’esplosione genera un contraccolpo d’aria nel giro di parecchi metri: le piante dai fusti sottili e dal fogliame folto si piegano da un lato e poi dall’altro, i ragazzi ondeggiano con smorfie spaventate, Saulo fa un salto indietro ancora incredulo di fronte all’accaduto. Gli occhi azzurri di don Faber inseguono le pietre del ponte appena costruito, scorgono in ogni frammento il lavoro dei millenni, le tracce dell’evoluzione umana e cosmica, l’emancipazione dalla legge della giungla, l’apparire della società civile, la solidarietà coi più deboli, la teoria degli ospedali da campo, dei pronti soccorsi, le operazioni in chirurgia d’urgenza, le grida della gente, il dolore della pallottola che sente conficcata in chissà quale parte dell’intestino o dello stomaco: si china in avanti come fosse ubriaco, si avvita su se stesso, come una foglia al vento, come la carta di giornale che copre il barbone Andreas sotto il ponte della Senna per ripararlo da un freddo che diventa più pungente, sempre più pungente, mentre l’alcolista che ha provocato tutto grida, lucido, forse per la prima volta in vita sua: mi mancherai don Faber, cazzo, mi mancherai.



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