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8 luglio 2011, quel numero traboccante d'infinito - torta cocco e menta farcita con mascarpone
Da SaporidiviniLo sentivo che Alice Ginevra sarebbe nata l'otto luglio, quel numero traboccante di infinito mi ha accompagnata per nove mesi d'attesa, mostrandomi segni che non avrei potuto non cogliere. Quindi, dicevo, io lo sapevo già. Il pomeriggio del sette luglio, le leggere contrazioni che da una settimana e oltre mi tenevano sveglia la notte, si intensificano, ma non me ne lascio spaventare, la sensazione di magia che provo è molto più forte, tanto che decido di preparare anche un dolce, di accendere il forno, di osservarlo mentre lievita e cuoce e aspetto invece Luca per il tocco finale, per montare la panna e farcirlo golosamente.
Man mano che la serata procede, le contrazioni si fanno sempre più ravvicinate, mezzora, venti minuti, quindici. Ci siamo, la valigia è già accanto alla porta, Luca freme e mi dice andiamo mille volte, per poi scoppiare a ridere, quando mi vede rientrare in casa, una volta che ormai eravamo sulla soglia.
"Cos'hai dimenticato questa volta?" mi chiede più per curiosità che per altro.
"La piastra per i capelli" gli rispondo, un attimo prima di trattenere il respiro. "Domani potrei averne bisogno!".
E' ormai mezzanotte, è quasi l'otto, ogni contrazione che avverto è una pulsazione anche del mio cuore; in cielo c'è un quarto di luna talmente pieno e luminoso che mi pare di non avere mai visto luna più bella, una luna che mi insegue. Stringo i denti, Luca conta i minuti, solo sette ne sono passati dall'ultima contrazione. Cerca alla radio la canzone giusta per farmi rilassare, è emozionato, lo sento da come guida, da come mi parla. Passa da una stazione all'altra fino a quando le note di Home e la voce di Michael Bublé mi accarezzano la pelle. Lo sa quanto mi piace questa canzone e mentre alza il volume io sento, fortemente sento, che questa è la notte giusta. Giusta per tutto, soprattutto per fare nascere Alice Ginevra.
Arriviamo al pronto soccorso ostetrico e rimango qualche minuto in attesa, seduta su una poltroncina che mi sembra quanto mai scomoda, accanto a me i genitori, visibilmente agitati, di una donna in sala parto. Se ne percepiscono le urla fin da qui e ad ogni grido la signora che mi siede a fianco ripete "No, fa che non sia mia figlia!". Io non riesco a dire nulla, respiro e mi lascio investire dalle contrazioni che si fanno sempre più ravvicinate. Luca fa avanti e indietro tra me, l'ascensore e la porta chiusa del pronto soccorso. Quando mi guarda gli sorrido e finalmente mi chiamano, finalmente mi visitano. La dottoressa del pronto soccorso è molto spiccia, "No, non ci siamo" mi dice. "Sei dilatata di appena un centimetro, i tempi sono ancora lunghi!".
Mi aspetto un tracciato, ma niente, lei insiste, ripete che dovrei avere dei dolori dieci volte più forti di quelli che avverto, della durata di almeno un minuto e soprattutto che mi piegherei in due dal male e non riuscirei nemmeno a parlare. La verità è proprio quella, ho dolori che mi fanno piegare in due, durano intorno al minuto e se parlo e non grido è solo perché sto sopportando senza lamentarmi eccessivamente. Niente da fare, mi dice che occorreranno almeno altre dodici ore, tanto più che si tratta del primo figlio. Non le credo e non credendole mi rivesto, esco e dico a Luca che si torna a casa. Decidiamo di lasciare la valigia in macchina, sappiamo entrambi che quella dottoressa si sbaglia, Luca crede a me e intanto mi prepara un bagno caldo, che in teoria avrebbe dovuto abbassare il livello del dolore. Mi immergo per pochi minuti, l'acqua calda non fa che peggiorare le cose e così rimango riversa sul letto in compagnia di fitte sempre più lunghe e più acute. Comincio a farmi domande, se questo è il minimo del dolore che proverò, il dolore vero allora sarà indescrivibile. Luca mi è accanto, mi accarezza la schiena, cerca di farmi rilassare, cronometra la durata di ogni contrazione. Resisto, mi dico che devo resistere, non riesco a misurare il tempo, non so dire quanto è lungo un minuto o un'ora, il tempo in certi momenti sfugge, si inanella tra le pause, tra le intime onde che convergono, che avvampano di rosso fuoco. Nel silenzio di questa notte, dove tutto è rallentato e al tempo stesso è un turbinio di sensazioni che traboccano, all'improvviso avverto una fortissima pressione. "Sta per nascere" dico a Luca, "La sento premere". Alle cinque del mattino mi consegno all'aria calda di luglio. Oggi è l'otto luglio e Alice Ginevra sta per nascere. Luca ed io lo sappiamo.
"Questa volta non mi faccio rimandare a casa" dico a Luca. So che non lo permetterà nemmeno lui, questa volta voglio che entri insieme a me e che sia lì mentre la stessa dottoressa mi visiterà. Deve anche ricordarle che voglio fare l'epidurale.
Varchiamo insieme la soglia, la dottoressa che mi aveva visitato qualche ora prima non pensava di rivedermi una seconda volta, leggo nel suo sguardo la convinzione assoluta che è ancora troppo presto, che mi sto agitando per nulla. Mi visita un altro medico. "Voglio l'epidurale" dico.
La risposta mi coglie di sorpresa. "Impossibile, stai per partorire, sei a dilatazione quasi completa, otto centimetri!".
Luca sbianca. Io, con le contrazioni ogni minuto, vorrei scoppiare a ridere. Mi sono fatta tutto il travaglio a casa, quasi senza fiatare, perché pensavo che i dolori veri fossero mille volte più forti di quelli che stavo provando e adesso, nemmeno il tempo di arrivare e già entro in sala parto. Poi invece vengo condotta per mano in sala travaglio, è lì che darò alla luce la nostra pupattola. Una stanza accogliente, dove siamo solo Luca, io e un'ostetrica sorridente e piena di premure. Mi monitora attraverso il tracciato. Sono a dilatazione nove centimetri. La pupattola preme, sento la sua testa spingere, ma so che devo trattenere le mie spinte, non è ancora il momento. Non voglio che la nostra bambina soffra. Non voglio lacerazioni. "Non voglio l'episiotomia" dico forte e categorica all'ostetrica. Lei mi rassicura. Per la prima volta nella mia vita so che obbedirò ciecamente e farò tutto quello che mi verrà detto. Luca osserva il tracciato, il battito del mio cuore, quello della nostra pupattola. Mi dice che sto andando benissimo, che sono rilassata. E' vero, sono tranquilla, la stanchezza di tanto in tanto mi fa chiudere gli occhi.
Non ho paura, sono qui, sdraiata su questo lettino e non vorrei essere da nessun'altra parte. Io che ho sempre fatto tempio attorno alle emozioni, io che voglio sentire, sentire forte la vita adesso sto per sentirla dischiudere intorno a me.
"Dilatazione completa", mi dice l'ostetrica, "Adesso devi farla nascere".
Ogni volta che arriva forte, una contrazione, che ne sento il picco, la accolgo e spingo. Mi sembra che tutto avvenga così velocemente. L'emozione più forte è quando sento la testa di Alice Ginevra farsi strada, quando sento che sta per uscire. So che devo raccogliere le forze, tutte quelle che mi rimangono, nonostante questa morsa di fuoco che mi attanaglia il basso ventre e che mi toglie il fiato, so che devo fare nascere la nostra bimba. Non voglio che soffra, questa è l'unica cosa che desidero.
Sono le sei e cinquantacinque del mattino dell'otto luglio, ed eccola spuntare, eccola con la testa già fuori, a respirare il nostro mondo e tutto il resto è un attimo.
Il pianto di Alice Ginevra è immediato e all'improvviso mi sento così leggera e così piena, così felice, forse troppo, da esserne stordita. L'ostetrica me la posa delicatamente sul seno, siamo ancora unite dal cordone ombelicale, che sarà Luca a recidere dopo qualche minuto. La guardo e penso che è bellissima. La guardo e per una volta in vita mia rimango senza parole. Sono felice. Felice di avere avuto Luca accanto tutto il tempo, Luca che ha fatto da ostetrica anche lui, sono felice di non avere fatto l'epidurale, felice di avere vissuto in casa tutto il travaglio. Felice di avere vissuto sulla mia pelle anche il dolore, soprattutto il dolore. E se qualcuno ora mi chiedesse di descriverlo, direi esattamente quello che pensavo mentre ero lì, stesa sul lettino. E' un dolore intenso, ma pieno di vita e di senso. E' il dolore più bello che ho mai avuto modo di provare dal giorno in cui sono nata.
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Con questa ricetta vogliamo partecipare alla Raccolta organizzata da Brii e al Contest Lievitami nel cuore, di Mamma Papera e Blog Family.
TORTA COCCO E MENTA FARCITA CON MASCARPONE
Ingredienti: Per la torta:
120 gr di burro
200 gr di farina 00 della Molino Chiavazza
150 gr di fecola di patate
1 bustina di lievito per dolci (noi abbiamo usato quella della Pane Angeli)
un pizzico di sale
6 uova
1 bustina di vanillina
250 ml di latte di Cocco
125 gr di zucchero
6 cucchiai colmi di Sciroppo di Menta
6 foglioline di menta fresca (sminuzzate finemente)
Per la farcia:
250 gr di mascarpone
200 ml di panna da montare
6 cucchiai di zucchero
15 foglie di menta fresca
zucchero a velo e qualche fogliolina di menta per guarnire.
In una ciotola, al burro ammorbidito a temperatura ambiente, uniamo lo zucchero e la vanillina e sbattiamo con le fruste fino a ottenere una crema. Ora, dopo avere separato i tuorli dagli albumi, aggiungiamo solo i tuorli e sbattiamo il tutto.
Aggiungiamo il latte di cocco e mescoliamo.
A parte montiamo a neve gli albumi con il pizzico di sale. Al composto di burro e uova aggiungiamo gli albumi montati a neve, poi una volta incorporati, uniamo lo sciroppo di menta e le foglioline di menta fresca finemente sminuzzate.
Setacciamo la farina, la fecola di patate e il lievito e mescoliamo fino ad ottenere un composto omogeneo e senza grumi.
Ungiamo uno stampo da torta da 24 o 26 cm di diametro e inforniamo a 180 C per circa 35-40 minuti, facendo la prova stecchino per verificare la perfetta cottura.
Per la preparazione della farcia, amalgamare il mascarpone con una frusta. A parte montare la panna con lo zucchero, dopo averla riposta per circa 20 minuti in freezer, di modo che sia bella fredda e monti meglio. Unire la panna montata al mascarpone, incorporando anche le foglioline di menta sminuzzate sempre finemente.
Tagliare la torta a metà e farcirla con il composto di mascarpone. Riporre in frigorifero prima di servire.
Il risultato finale è una torta delicata e freschissima. L'abbinamento cocco e menta è riuscitissimo. Non abbiamo usato molto zucchero perchè amiamo i dolci non eccessivamente dolci, volendo si può aumentare la dose.
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