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81. L’ultima Winston

Creato il 06 giugno 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su giugno 6, 2012

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Quanto tempo è passato da quando hai cominciato a scrivere? Tutto è cominciato da quel giorno, nella piazza, col gatto in pietra che sembrava annunciare qualcosa di terribile. Hai provato spesso a decifrare il simbolo inquietante. Anche stasera, in questo albergo sempre più estraneo in cui consumi tutto lo stipendio, senza che te ne possa liberare – perché tutto nasce, appunto, da una estraneità, da un non sentirsi bene, da un cercare nelle parole in fila sullo schermo una risposta che la vita non dà e forse non può dare -; anche stasera, dunque, pensi al gatto in piazza, che intuisci essere la chiave di tutta questa storia in cui s’intrecciano ricerche e fughe, nomi che si perdono nel vento, personaggi segnati ognuno da un dolore, una sconfitta, in cerca di un riscatto, come se la vita fosse un carcere da cui tentare l’evasione, una fortezza che dovrà pure avere un punto debole, un anello sfuggito al controllo di ingegneri e architetti, e soprattutto ai secondini solerti, che impediscono di sentirsi liberi. Ti chiedi se abbia senso restare ancora qui, a perdere il tuo sonno, a logorarti la salute imbottendoti ogni notte di caffeina e Winston blu; se non sarebbe meglio uscire, andarsene sul lungofiume e godersi le rive fitte di alberi e di barche, a leggere le targhe delle macchine, ripetendo il gioco che ti piace tanto: prendere le prime lettere che trovi in strada e scriverle così come vengono sulla moleskine, perché acquistino forma e direzione, perché la storia non è altro che una serie di parole messe l’una accanto all’altra, numeri, nomi: Dante, Romolo, Eleonora; ma c’è un nome che manca, inevitabilmente; sarebbe troppo facile aver tutto sotto mano, qualcosa si nasconde, un mistero con la faccia di bambina che ti guarda dispettosa; e intuisci che forse è proprio lei a indicare la strada, l’incrocio dei destini, il nesso segreto che tiene insieme il cosmo, ne fa la superficie di uno specchio in cui ogni azione fa esplodere colpi e contraccolpi che raggiungono gli spazi più remoti, le stelle che brillano dal buio di un passato lontanissimo, Alcyone, Capella, Fomalhaut. E ti domandi se la vita sia un nome che tocca a te scoprire, gridando, imprecando, pregando che si riveli all’improvviso, in una sera come questa, che potresti passeggiare in Quai de Bourbon, fermarti nella libreria di storia e archeologia, proseguire in Rue Jean du Bellay, bere una birra allo snack bar St. Regis, guardare la gente che ti passa accanto, ognuno con un suo pensiero, una sua preoccupazione; e invece sei qui, aspettando chissà cosa, chissà chi, come se il nome, l’unico nome che t’importi, dovesse apparire quando meno te lo aspetti al Seven Hotel, in Rue de Berthollet numero venti, dove spegni l’ultima Winston che ancora restava nel pacchetto.


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