Correva l’anno 2004 in Ossezia del Nord, regione autonoma del Caucaso. Tre giorni di assedio, dal 1° al 3 settembre. L’obiettivo dell’assalto fu una scuola di Beslan, la numero 1, almeno com’è segnalata nel piano urbanistico cittadino. All’indomani del blitz, i soccorritori si son trovati di fronte ad un autentico massacro. Conti da capogiro, da far tremare chiunque: 394 morti, tra i quali 156 bambini. Fu questo il bilancio registrato dalle forze speciali russe irrotte nella scuola di Beslan quel tragico venerdì di settembre. Tra i feriti le stime erano addirittura ben peggiori: 448 ricoverati nell’ospedale della città, di cui 248 bambini. Stando alle cronache dei soccorsi, 6 bambini vennero persino ricoverati d’urgenza a Mosca date le loro condizioni disperate. Di molti si faticò a riconoscerne l’identità, poiché brutalmente carbonizzati. A causa del drammatico attentato la scuola fu in seguito rasa al suolo. Le indagini aperte successivamente rivelarono che la maggior parte delle morti fu causata dallo scoppio di ordigni preventivamente piazzati nella palestra della scuola. Il bilancio fra i terroristi, da quanto battuto dall’agenzia Interfax, era di 27 uccisi, tra cui dieci arabi, e tre arrestati mentre quattro si diedero alla fuga. Sempre secondo una nota della Interfax, gli esplosivi furono piazzati già da parecchio tempo all’interno della struttura, addirittura si pensò dall’estate visto la presenza di un cantiere edile. Ma le informazioni più raccapriccianti giunsero dal sito russo Gazeta, che parlò di una complicità nel sequestro fra commando e polizia locale. Insomma, una sorta di collaborazione segreta quasi a far pensare ad un colpo di Stato. La Gazeta si appoggiò infatti sulle rivelazioni di alcune ragazzine prese in ostaggio, le quali ammisero di aver compreso la collaborazione tra le forze di polizia e i terroristi. In questa maniera la Gazeta si sentì in dovere di riportare la testimonianza degli ostaggi: «Ci hanno raccontato che sono arrivati a Beslan grazie alla copertura della polizia osseta. Ci hanno detto: volevamo in verità agire a Vladikavkaz, capitale dell’Ossezia, ma lì i poliziotti si sono rivelati esosi». Stando alle testimonianze dei superstiti, al momento dell’assalto alcuni terroristi neppure sapevano dove fossero. «In che città siamo?, chiedevano di continuo» ricordò una ragazza, «Ci dissero persino che erano stati i poliziotti a portarli lì, in una qualsiasi scuola della repubblica osseta». In ricordo delle vittime e in saluto dei sopravvissuti al drammatico accaduto qualche ora dopo giunse sul posto il premier russo, Vladimir Putin. Fu lo stesso Putin, in quelle ore, a ordinare di chiudere le frontiere dell’Ossezia e di bloccare gli accessi alla città di Beslan. Oltre ogni limite umano si era spinto quel massacro di civili. Il presidente parlerà così alla televisione di Stato quella stessa sera: «Tutta la Russia soffre per voi. Piange e prega con voi». All’indomani della strage, chi fu scosso da quel tremendo accaduto, ricorderà per certo la dichiarazione firmata delle Brigate Istambuli, un gruppo integralista islamico filoceceno, che rivendicò diversi attentati in quegli anni in Russia, ma si dichiarava del tutto estraneo alla vicenda di Beslan. Stando infatti al comunicato rilasciato appunto dal quartier generale delle Brigate Istambuli, si leggeva: «Per quanto appoggiamo gli sforzi dei fratelli ceceni nella difesa del loro onore e della loro religione, le nostre cellule non hanno alcuna relazione con l’operazione in Ossezia, e rigettiamo sul sozzo governo russo le conseguenze di quest’operazione le cui rivendicazioni sono giuste». Il blitz delle forze speciali russe, infatti, non aveva portato i risultati sperati, e il sequestro operato dal commando si tramutò in un’orrenda strage di civili. La dichiarazione rilasciata in quei giorni dalle Brigate Islambuli aveva precisato la collaborazione agli attentati del 24 agosto su due aerei russi e la strage in una stazione della metropolitana di Mosca. Dopo 9 anni da quel tragico evento, il mondo piange ancora le sue vittime giovani e innocenti. Beslan è tuttora nel cuore dell’Ossezia come in tutti gli uomini.
Articolo di Stefano Boscolo