Sono 30 anni che il Giappone ne conosce il concetto, ne apprende la filosofia e, a decenni alterni, ne apprezza anche la funzionalità. Certo è che agli occhi degli occidentali, già di per sé poco predisposti ad accogliere senza pregiudizio una visione in scala ristretta del confort, queste capsule hanno sempre riscosso ben poco successo. Al pari di un fenomeno sociale, sono diventate il capro espiatorio (in senso architettonico) di una piaga sociale ben più profonda.
Un demone.
Un mostro. ‘Decostruire’ è diventato l’obiettivo principale di Fumie Shibata, designer di Studio S che, insieme alla Cubic Corporation, ha progettato nella vecchia capitale, a Kyoto, la rivoluzione del capsule hotel. Trattasi di un’idea (più che di un progetto) lineare, semplice, B&W e funzionale.
Troppo? No, tutto assolutamente minimalista e incredibilmente ‘visivo’. Il concetto è riassunto nel nome della struttura: 9h.
Tempo e spazio sono così suddivisi: 1 ora per la doccia + 7 ore di sonno + 1 ora di relax.
Il progetto abbatte qualsiasi barriera linguistica e si propone di condurre l’ospite in una routine tanto necessaria quanto schematica.
Se il successo ‘in loco’ è indiscusso, siamo ancora in attesa di un riscontro sul ‘popolo d’oltremare’. Non pervenuto, dicono…ma le rivoluzioni, si sa, partono in sordina!