Quello che più colpisce, dell'incredibile vicenda di Ignazio Marino, è l'ipocrisia di quanti (molti in assoluta mala fede) collegano la situazione nella quale oggi si trova la capitale d'Italia (a proposito, questo Paese non potrebbe avere capitale migliore) a quanto emerso negli ultimi mesi, soprattutto a seguito dell'inchiesta "Mafia Capitale".
Come se i mali di cui soffre Roma fossero recenti!
"Capitale corrotta= nazione infetta" era il titolo di copertina dell'Espresso dell'11 dicembre 1955!
Mettendo a confronto la Roma di oggi con quella di sessant'anni fa si potrebbero notare alcune cose, evidenti, che solo gli ipocriti, o i fanatici, non considerano.
Ci si accorgerebbe, per esempio, dell'assoluta inutilità dell'informazione in Italia, così come delle connessioni tra classe politica, criminalità e altri poteri, dell'indifferenza della cosiddetta opinione pubblica, delle innaturali connivenze tra governo e opposizione, tutte cause che impediscono che in questo Paese ci sia una vera, seria, alternativa.
Ed è proprio in casi come quello di Marino che in tanti, per motivare le loro reazioni suscitate dal vedere superato un determinato limite, fanno ricorso al popolare detto "la goccia che fa traboccare il vaso" (in questo caso, questa famosa goccia sarebbe rappresentata dai famosi scontrini).
Al di là dell'ipocrisia dietro la quale ci si nasconde, quello che è interessante, in quest'incredibile vicenda, è vedere il meccanismo che si mette in moto in casi come questo.
Meccanismo che nasce da una grande povertà intellettuale, da un pensiero superficiale, estremamente povero, che ignora totalmente un dato elementare: quello che osserviamo oggi è determinato da quel che è accaduto prima, da ciò che si è fatto, o che non si è fatto, in passato ("oggi" non è altro che il futuro di "ieri").
Si tende così a dare importanza solo a quello che avviene nel presente, a ragionare come se il passato non esistesse, come se il nostro presente non fosse determinato dal nostro passato, come se quel che siamo, quel che facciamo oggi, non fosse determinato da quel che abbiamo fatto prima, da quel che siamo stati prima.
Si vive schiacciati sul presente, si sta solo sulla superficie.
Un giorno, a Mougins, il proprietario di un ristorante riconobbe, seduto ad un tavolo del suo locale, Pablo Picasso (Mougins è il comune del sud della Francia nel quale Picasso trascorse gli ultimi anni della sua vita e dove morì, nel 1973).
Sorpreso di quella presenza, il proprietario del ristorante chiese all'autore di "Guernica" di lasciargli un ricordo.
Dopo poco Picasso gli consegnò un foglietto con un suo disegno.
Il proprietario del ristorante, meravigliato del poco tempo trascorso dalla sua richiesta, chiese allora a Picasso quanto tempo avesse impiegato per quel disegno.
La risposta di Picasso fu: un minuto e settant'anni.
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