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A furia di guardare tutto

Creato il 03 settembre 2010 da Andreapomella

A furia di guardare tuttoAll’alba giro in macchina per le strade di Roma. C’è un filo di nebbia, una bruma sottile. Il circuito elettrico della città non si è ancora riattivato, perché ci sia corrente occorre che gli esseri umani guariscano dalle distruzioni della notte. I vetri delle macchine sono bagnati. Ma è un’acqua sporca, non è pioggia, non le somiglia, sembra piuttosto l’innaffiatura scolata da un balcone, mi macchia i cristalli con lunghe e sghembe striature marroni. Le poche macchine che vedo in giro sono piccole stanze chiuse a chiave alle cui porte echeggiano i battiti di uomini senza nome. La città è tutta una cucitura tra un quartiere e un altro, tutta un’enorme pancia suturata, le montagne opache che intravedo all’orizzonte sono giganti esiliati. Penso che questo è un universo privo d’aria, il modo che ci siamo scelti per vivere, che nessuno ci ha imposto, un inferno che abbiamo abbracciato coscientemente, deliberatamente, senza che nessuno ci abbia puntato la canna di una pistola alla testa. “Prevedo per me una morte più che lenta a furia di guardare tutto” c’è scritto in una poesia di Élise Turcotte. Prima di uscire di casa ho copiato la frase sul cellulare. Non c’è niente di dolce nel copiare le frasi su un cellulare, non ha niente a che vedere con l’imperitura abitudine di riempire moleskine. Tutto sommato c’è un gran silenzio in questo tempo che viviamo, nel rombante frastuono della modernità, In questo flusso incessante di informazioni. Ci sono tante cose da guardare e tanti modi lenti per morire. E questa è solo Roma. Una delle tante.


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