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A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence - La Recensione

Creato il 02 settembre 2014 da Giordano Caputo
A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence - La RecensioneDai volti cianotici con cui sono ripresi, sembra che tutti in "A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence" debbano vivere il fatidico appuntamento con la morte accennato in apertura. Poi però qualcosa cambia: la serialità delle morti satiriche svanisce all'improvviso, alcuni volti si colorano, e quella che poteva essere una commedia nera fuori dagli schemi, dai toni sarcastici e divertenti, si affievolisce in un guscio vuoto e spento.
Eppure quello di Roy Andersson resta uno sguardo eccentrico, fuori dalle righe. Accompagnato dalla volontà infinita di scatenare il ridicolo ovunque, meglio se è laddove normalmente di ridicolo c'è poco o nulla. E finché questo meccanismo è messo all'interno di sequenze veloci, abitate da soggetti strambi, che dalla quotidianità vengono risucchiati e uccisi, la cosa funziona benissimo, attirando e solleticando le risa oltre ogni previsione. Tutto cambia tuttavia quando, nel tentativo di voler alzare l'asticella, "A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence" comincia a cucire un intreccio più esteso in cui pur continuando a scacciare ogni tipo di senso logico, non riesce a mantenere l'equilibrio ostentato all'inizio, imbarcando acqua a poco a poco e smorzando l'entusiasmo che era stato scaltro nel diffondere calmo. L'ambizione della pellicola affossa lentamente tutto il bene promesso nel primo quarto d'ora con l'aiuto di una monotonia e una comicità fine a se stessa, introdotta da una serie di personaggi e situazioni potenzialmente devastati, ma concretamente scarichi e a basso raggio.
A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence - La RecensioneDue venditori ambulanti di articoli per divertimento tristi per definizione, un insegnante intenta a recuperare ad ogni costo la relazione alla deriva che ha (o forse tenta di avere, non si sa) con uno dei suoi alunni, una taverna in cui si serve grappa a tempo di musical, sovrani omosessuali in cerca di compagnia. Queste e poche altre sono le attrazioni con cui Andersson cerca di passare il tempo e di coinvolgere, portando avanti un filo magrissimo del discorso che smette addirittura i panni ironici a disposizione in anticipo rispetto quella che poi sarà la fine della corsa. Agguanta un paio di scene divertenti e stravaganti abbastanza da apparire geniali (su tutte la ballata della grappa nella taverna) il suo lavoro, sebbene non sia capace poi di sfruttarle al meglio, abbandonandole sole per tornare inspiegabilmente a quel tipo di basso ritmo e di spirito, figlio d'un esposizione che pare essere più ad uso e consumo suo personale che dedicata agli altri.
E' troppo tardi allora quando Andersson si pone la fatidica domanda - attraverso uno dei due venditori - e si chiede se è giusto usare gli esseri umani solamente per il proprio divertimento? Lo è innanzitutto perché ammette un dubbio che quantomeno non avrebbe dovuto avere e poi perché il tempo a disposizione per risanare, ammesso che volesse farlo, ormai è scaduto. E il suo "A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence" è crollato.
Trailer:

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