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A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence, la recensione

Creato il 03 settembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il giudizio di Elisabetta Bartucca

Summary:

Venezia 71.: Risate dark con Roy Andersson

Trentanove piani sequenza, scimmie da laboratorio, uccelli imbalsamati, umani che somigliano zombie e poi Pieter Bruegel, Don Chisciotte o Dostoevskij. La densità e le suggestioni di A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence, film dello svedese Roy Andersson in concorso alla 71. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, si misurano sin dal titolo, che elegge a spettatore privilegiato della piccola vanesia umanità un piccione, l’unico a salvarsi da un racconto spietato.

Terzo e ultimo capitolo di una trilogia composta da “Canzoni dal secondo piano” (2000) e “You, the living” (2007), la dark comedy di Andersson arriva alla settima giornata di festival e raccoglie i consensi necessari per essere annoverato tra i film culto di questa Mostra. Descritto dall’autore stesso come un incrocio tra “Don Chisciotte” di Cervantes, “Uomini e topi” di John Steinbeck e “Delitto e castigo” di Dostoevskij, “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence” si presenta come una gigantesca istantanea di gioie, vizi, virtù e tragedie dell’uomo contemporaneo.

A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence

Andersson sceglie il registro del grottesco e affida il racconto ad una composizione quasi geometrica, glaciale; il film è cadenzato da un susseguirsi di scene orchestrate come fossero quadri, piani sequenza che raccontano storie e scoprono debolezze, fragilità, desideri e sofferenze. Lo humour svedese pensa a fare il resto denudando davanti allo spettatore gli ‘umanoidi’ che si agitano sullo schermo. L’espediente narrativo è il viaggio di due ‘venditori di divertimento’ – svendono denti da vampiro, sacchetti che ridono, maschere – per le strade di un non meglio precisato villaggio del Nord Europa: il loro cammino sarà costellato di incontri inaspettati, bizzarri personaggi e salti nel tempo. Capiterà così di imbattersi nei desideri di una passionale insegnante di flamenco o in un giovanissimo re Carlo XII di Svezia, passando per la taverna di Lotte la Zoppa: tappe necessarie a rivelare la tragica comicità dell’essere umano, storie quotidiane e fuori dal comune “che ritraggono – come spiega il regista – la nostra esistenza nella sua grandiosità e nella sua meschinità, nella bellezza e nella tragedia, nell’esagerazione e nella tristezza: in una prospettiva aerea, come raccontate da un uccello che rifletta sulla condizione umana”.

Il tutto cadenzato dalla frase che sarà il tormentone, il marchio di questo film: “Felice di sapere che ti va tutto bene”. L’anticamera di una fragorosa amarissima risata.
Ma non c’è catarsi in “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence”, nessuna possibilità di redenzione, nessuna consolazione. È la vita.

di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net


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