Quello che trovo davvero illuminante in tutta questa faccenda è vedere come in questo Paese venga tranquillamente confermato il fatto di considerare assolutamente normale (e questo, si badi bene, anche da parte di chi ricopre cariche istituzionali) intrattenere rapporti personali con certi ambienti, anche se li si sa popolati da personaggi che hanno commesso gravi reati (in alcuni casi questi rapporti vengono intrattenuti direttamente con gli stessi autori dei reati).
Non solo, ma il bello è che venga addirittura rivendicato il diritto a coltivare certe amicizie.
Il problema non sta nella telefonata che Annamaria Cancellieri ha fatto alla compagna di Salvatore Ligresti, né nelle parole che ha detto, ma nel fatto che un politico (per giunta ministro) consideri normale intrattenere rapporti con certa gente.
Se coltivare certe amicizie dovrebbe già essere considerato grave indizio di mancanza di senso morale, a maggior ragione dovrebbe esserlo se a coltivarle è una persona che ricopre anche un ruolo di responsabilità (e questo non solo nel campo istituzionale), ruolo che dovrebbe richiedere, come requisito primario, la capacità di valutazione morale, di saper distinguere ciò che si deve da ciò che non si deve fare.
Ma forse il nocciolo del problema sta proprio qui: questa evidente contiguità, che per alcuni è segno di una grave patologia, per altri, per molti altri in questo Paese, è semplicemente un fatto fisiologico, un elemento naturale.
Che a ricoprire determinati ruoli di responsabilità in certi settori, sia pubblici che privati (soprattutto in quelli in grado di favorire, direttamente o indirettamente, il compimento di determinati atti, con particolare riguardo a quelli collegati all’erogazione di danaro), ci siano certe persone e non altre, è qualcosa che interessa solo ad alcuni, e per primi a quelli che a quel danaro mirano, per acquisire o mantenere posizioni di potere.
Come si fa a non capire che certe posizioni le può occupare solo chi è funzionale al potere, al suo mantenimento, solo chi offre adeguate garanzie a chi in quella posizione ce l’ha messo?
Ma davvero si può pensare che il sistema di potere che comanda in un Paese possa consentire che certe posizioni vengano occupate da chi potrebbe metterlo in difficoltà?
Come non capire allora quanto per alcuni sia vitale un sistema nel quale in certi posti ci sia qualcuno su cui poter contare?