Ho scritto che con Emma Bonino al Quirinale ne avremmo viste di tragiche e di comiche in casa radicale. Avrebbe rappresentato il risultato più importante della scapestrata avventura politica di Marco Pannella, ma allo stesso tempo sarebbe stato un colpo micidiale inferto al suo narcisismo. Per qualche settimana si sarebbe sentito anche lui Presidente della Repubblica, poi questa sensazione sarebbe stata quotidianamente frustrata dall’impossibilità di manovrare una sua creatura finalmente libera, necessariamente libera, dai suoi giochi. Prima o poi non sarebbe stato più in grado di sopportarlo, avrebbe cominciato a sbarellare, chissà, poteva scapparci anche un satyagraha per proporne l’impeachment.
Forse non avrebbe ottenuto neppure la tanto agognata nomina a senatore a vita: non sarebbe mancato chi avrebbe malignato che Galatea aveva voluto sdebitarsi di quanto doveva a Pigmalione, e Emma Bonino tollera tutto tranne l’imbarazzo. Per la stessa ragione sarebbero andate deluse anche le speranze di tanti disoccupati che bazzicano in Via di Torre Argentina e che dall’elezione si sarebbero aspettati di essere assunti al Quirinale almeno come corazzieri. Immaginarsi i mal di pancia. «Perché la Gasparrini sì e io no?». «Cos’ha Di Palma ch’io non ho?». «Emma, tu sai che son poeta, potresti farmi avere la Bacchelli?».Vabbe’, è andata come è andata, e ce ne siamo perse delle belle, peccato. E tuttavia qualche soddisfazione non mancherà di darcela la nomina che Emma Bonino ha ottenuto a ministro degli Esteri. Neanche il tempo di insediarsi alla Farnesina e già s’accordano gli strumenti per l’overture di quella che si annuncia una spassosa opera buffa.
In primis, c’è un problemino di non semplice soluzione. Perché Emma Bonino diventa ministro di una Repubblica che fino all’altrieri è stata definita «antidemocratica» e «criminale», e lo diventa in un governo di «buoni a nulla» e «capaci di tutto», che ha avuto per ispiratore quel Giorgio Napolitano al quale sono andati per mesi da Radio Radicale i peggiori epiteti, tanto che quello di essere stalinista era il più soffice. E dunque che ci fa, questa preziosa gemma della storia radicale, in un castone così infame?
Buttiamo al cesso l’analisi della realtà italiana fin qui difesa con le unghie e con i denti da chi la riteneva un pochino esagerata? Non se ne parla nemmeno, siamo arrivati a cucirci sul bavero la stella gialla degli ebrei ad Auschwitz. E allora l’analisi resta valida e sarà che Emma Bonino è usata dall’odiato regime partitocratico come foglia di fico? Bisognerà dirglielo, così si dimette subito. Sì, vabbe’, era per dire, come non detto. O sarà che è stata chiamata a far parte del governo Letta perché non si è data troppa importanza al fatto che è radicale ma solo per le sue rinomate doti tecniche? Potrebbe anche andar bene, ma questo significherebbe ammettere che la radicale più riuscita, il pezzo più pregiato della collezione, è tale solo perché è riuscita a tenersi in disparte di quel tanto che le era necessario per non compromettersi troppo con le pazzie di Marco Pannella e non sgualcire troppo la propria immagine. No, sarebbe la spiegazione peggiore.Significherebbe riconoscere che fino a un certo punto Marco Pannella può pure esserti utile a far carriera, ma poi, se non vuoi fare la fine di quanti ne hanno ferito il narcisismo, devi con pazienza ritagliarti un ruolo che, da un lato, non gli faccia troppo ombra e, dall’altro, ti dia modo di apparire, se non essere, tanto devoto quanto autonomo, ma di un’autonomia che non entri mai in conflitto con l’assunto che il padrone è lui e che tutto ciò che ottieni per te è in funzione della sua gloria. Solo Emma Bonino e Massimo Bordin ci sono riusciti e non a caso sono gli unici di cui Marco Pannella è fin qui riuscito a tollerare una popolarità che è di gran lunga superiore a quella di cui gode lui.
Stavolta, però, con Emma Bonino allo zenit della sua corsa nel cielo della politica italiana e con Marco Pannella che è al nadir della sua, le cose si fanno più complicate. Se ne sono avuti sintomi eloquenti, domenica 28 aprile, in due vivaci scambi di battute che Marco Pannella ha avuto con Emma Bonino, nel corso della Direzione di Radicali Italiani, e con Massimo Bordin, durante la consueta conversazione domenicale sulle frequenze di Radio Radicale.
Nel primo caso, Marco Pannella ha lamentato l’assenza di iniziativa radicale per le elezioni comunali di Roma e ha accennato all’idea di candidare Emma Bonino al Campidoglio che gli era venuta alcune settimane prima, idea abortita per il mancato interessamento di chi si sarebbe dovuto attivare in tal senso. Un modo come un altro per lasciare intendere che quella decisione sarebbe stata nella sua piena disponibilità.
Qualcosa di analogo era già accaduto con la presentazione delle liste di Amnistia, Giustizia e Libertà alle ultime elezioni politiche: Emma Bonino aveva inizialmente espresso l’intenzione di restarne fuori, per poi cedere alle pressioni di Marco Pannella, ma dicendosi disposta a entrarvi solo se fosse stata messa in coda a tutti gli altri candidati. Stavolta è andata in modo diverso.Chi non conosce la cattiveriae la meschinità dell’uomo avrà afferrato poco. Marco Pannella si intesta il merito della nomina di Emma Bonino: è stato l’aver rotto il cazzo a Giorgio Napolitano per mesi e mesi ad aver prodotto il miracolo. Con lo 0,19% di voti raccolti alle ultime elezioni politiche ai radicali non manca il radicamento sociale, e grazie a chi? Ma è ovvio, grazie a lui, che lotta, lotta e lotta, e in mezzo a tante sfighe raccoglie ogni tanto una botta di culo. Ecco cos’è la nomina di Emma Bonino alla Farnesina: è il distillato delle fatiche di Marco Pannella. Certo, può darsi c’entri pure il fatto che Emma Bonino abbia dei meriti, ma senza l’eroica lotta di Marco Pannella cosa avrebbe ottenuto?Beh, stavolta Emma Bonino ha da obiettare, e lo fa nel modo che sa bene risulterà più urticante: destituisce di ogni fondamento questa versione, prende le distanze, mette le mani avanti e si prende pure la soddisfazione, in coda, di indicare nella collaborazione coi socialisti di Riccardo Nencini una linea politica che potrebbe significare la ripresa del progetto della Rosa nel Pugno, di cui Marco Pannella non vuol nemmeno sentir parlare.
Di rilievo per nulla inferiore è la questione sollevata da Massimo Bordin, anzi, direi che è questione tanto centrale da meritare da parte radicale una posizione un po’meno pasticciata di quella approntata al momento da Marco Pannella. Ed è anche su questo punto, forse soprattutto su questo punto, che i prossimi mesi ci riserveranno un divertentissimo spettacolo di piroette e contorsionismi da parte del Gran Barnum di Via di Torre Argentina. Perché è evidente che non è affatto facile far stare nella stessa narrazione la capra della dittatura partitocratica che attua una acerrima censura nei confronti dei radicali, in primo luogo nei confronti di Marco Pannella, col cavolo di una Emma Bonino, sua costola, nominata ministro. «Un felice infortunio del regime»? Gandhi ha fatto breccia nel cuore della Corona Britannica? Reggono cazzate del genere al quadro descritto nel Libro Giallo della Peste Italiana? Bah, può darsi, in ogni caso occorre crederci e per crederci occorre aver fede.
Ma la nomina di Emma Bonino alla Farnesina solleva anche altri problemi, già tutti evidenti, seppure in trasparenza, dalla notevole disparità di pareri in seno al gruppo dirigente radicale riguardo a ciò che è in gioco con la sua assunzione di responsabilità istituzionale in un momento politico come quello attuale e nell’ambito di un governo che rappresenta un’incognita sotto vari aspetti. Occorre dare appoggio solo a lei o anche al governo? Chi è per l’una, chi è per l’altra soluzione. Ne è parte integrante o è un’infiltrata della resistenza radicale in seno al regime partitocratico? Chi pensa vada bene la prima, chi dà per buona la seconda.Qui si ripropongono le stesse questioni poc’anzi illustrate, ma acquistano un significato che va ben oltre la costruzione dell’immagine da offrire all’esterno: qui è in discussione quanto Emma Bonino possa tornar utile alle iniziative politiche radicali nella sua azione di governo. Sì, perché la «cosa radicale»non galleggia in buone acque.
Qui occorre stringere i nodi. In estrema sintesi direi che la Farnesina a Emma Bonino sarà un fattore di accelerazione di quel lento processo implosivo di cui la «cosa radicale» soffre ormai da tempo.