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“Abbiamo una banca fallita”

Creato il 21 ottobre 2012 da Albertocapece

“Abbiamo una banca fallita”Anna Lombroso per il Simplicissimus

Sindrome di Stoccolma, seduzioni dei poteri forti su soggetti vulnerabili e permeabili alla lusinga dello sterco del diavolo. I politici “tradizionali” sono sempre andati in visita pastorale nei santuari dell’economia, se poi era lo Ior ancora meglio, la benedizione era doppia.
Soggetti particolarmente schizzinosi, come me per esempio, si erano scandalizzati, anche se quel pragmatismo che tanto piace alla sinistra e che l’ha consegnata ineluttabilmente nelle mani rapaci di un sistema e di una ideologia senza apparenti alternative, sostiene la necessità di un meccanismo sempre ben oliato di connessioni tra politica, società civile, stato e economia. E con le doverose cautele conservando un oculato controllo delle gerarchie, come dell’indipendenza dei soggetti in campo, ha ragione Robert A.Dahl quando motiva l’opportunità di una connessione tra queste “sfere”: “se la democrazia è legittimata a governare lo stato, deve esserlo anche a governare le imprese economiche. Affermare che non è legittimata a governare le imprese economiche sottende che non è legittimata a governare lo stato”. Drastico, ma ragionevole, infatti siamo in una condizione nella quale l’impotenza della politica ha fatto sì che la democrazia sia stata estromessa dallo stato e lo stato dall’economia, in un catena perversa e aberrante di perdita di sovranità
In realtà non mi ero scandalizzata più di tanto quando gli eredi di Togliatti e Berlinguer “sognavano” una banca, mentre mi sento oltraggiata per l’espropriazione delle’autodeterminazione dello stato e del Parlamento in materia di decisioni economiche, per la supina accettazione dell’austerità come sistema di governo, per la remissiva acquiescenza alla grettezza di misure inique, per la subalternità dichiarata a una ideologia che incrementando le disuguaglianze ha ferito a morte la speranza del riscatto attraverso la democrazia.

E si, mi sono adontata per questa ignobile tenzone tra i due “primari” in lizza, che dovrebbe contrapporre fan del mercato buono e supporter del mercato cattivo, amici della buona economia e sodali della perversa finanza, come se il Monte dei Paschi di Siena fosse meno riprovevole delle scatole cinesi che si schiudono nelle Cayman, e non ubbidissero tutti ai comandi di quella robaccia magmatica e appiccicosa, chiamatela come volete, capitalismo finanziario, capitalismo patrimoniale, capitalismo neoliberista. E come se alla fin fine Monti fosse meglio di Berlusconi.
Non c’è gerarchia, non c’è graduatoria nel peggio in cui ci ha fatto precipitare un ceto politico invertebrato, che ci condanna a essere schiavi con la forza della povertà fatta legge. E che non vuole accorgersi che siamo minacciati non dal livello del nostro debito pubblico, bensì dalla gracilità del nostro modello di crescita.

Non possiamo stupirci se due rappresentati di quella cattiva politica profeti a vario titolo delle liberalizzazioni, patrocinatori della ineluttabile tempistica in due fasi: rigore e crescita, restano aggrappati per motivi più o meno nobili allo status quo. Uno dei due magari è convinto davvero che basti uscire dall’emergenza grazie alla provvidenza, che soffia un po’ di polverina del benessere anche su di noi, per mettere a frutto l’humus riformista e ripristinare lo sviluppo, temperando con una ninna nanna gli estremismi del capitalismo. L’altro, proprio come certi suoi suggeritori per niente occulti, è felicemente fashion victim della moda neo liberista delle sue magnifiche sorti e progressive, cui è certo di accedere e godere per censo, cinismo connaturato e mimetismo.
Ma il risultato è poi lo stesso, la negazione di una possibilità alternativa, che vorrebbe condannare anche noi alla rinuncia, chè ha ragione perfino Mill – non Marx, che fa tanta paura agli impresari di derivati e fondi d’azzardo – quando dice che c’è una orrenda tendenza nei rappresentanti del popolo e infine nell’umanità, a consacrare le realtà esistenti, dichiarando ciò che ancora non esiste, pericoloso o inattuabile.
Facce sogna’ dissero i Ds a proposito della scalata a una banca. Verrebbe buono il sarcasmo di Weber, chi vuole sogni, vada al cinema. Ma c’è sogno e sogno, il loro è un brutto film, sogniamoci il nostro.


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