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Abitudine, Metodo e Rito.

Da Lemat @LeMatPercorsi

incudineCari amici lemattiani,
avete mai pensato alla differenza tra abitudine, metodo e rito ed a quanto, se portata a consapevolezza, possa essere giovevole nella nostra vita?

Probabilmente no. Ecco perché ho deciso di scrivervi due righe.
Come prima cosa cerchiamo di intenderci: scopriamo insieme il significato di queste tre parole!

1. Abitudine

Hai mai fatto caso che ti metti l’accappatoio sempre nello stesso modo?
E scommetto che fai tutte le volte gli stessi movimenti anche per pulirti i denti, vero?

La lista potrebbe essere lunga: sono moltissime, infatti, le azioni che abbiamo portato a livello di competenza inconsapevole.
Quello della competenza inconsapevole è il quarto stadio di apprendimento possibile ed in esso rientrano tutte quelle azioni che abbiamo imparato a fare e che abbiamo portato a livello di “non attenzione”.

Mi spiego con un esempio:
quando hai imparato a guidare, al di là della teoria, hai fatto pratica. Hai fatto prove, sbagliato, forse anche sudato. Sicuramente hai provato molte emozioni: è normale quando siamo nel processo di “scoperta” di qualcosa di nuovo.
In ogni caso, dopo un po’, hai imparato e sei passato da uno stato iniziale di incompetenza consapevole (non sai fare una cosa e sai di non saperla fare) a quello di competenza consapevole: sai fare una cosa e sai di saperla fare.

guidare

Questo è il massimo livello di apprendimento razionale (e cognitivo). Ma non è il massimo livello di apprendimento in assoluto.
Dopo qualche anno di guida, con l’esperienza, hai tolto la tua attenzione dalla guida (premi la frizione, metti la marcia, togli la frizione, etc…), per portarla su altro.
Questo è il livello di competenza inconsapevole, ovvero: sai fare una cosa ma non sai di saperla fare. O meglio: non ci porti più la tua attenzione.

Sia quando facevo ricerca nel campo dell’apprendimento che quando ho studiato comunicazione, ho incontrato libri o insegnanti che mi dicevano qualcosa del tipo: “Il massimo livello di apprendimento, che raggiungi solo con una pratica continua, è quello della competenza inconsapevole”.

Ma io non sono pienamente d’accordo: a livello più profondo, spirituale, è fondamentale portare l’attenzione su ciò che si sta facendo, istante per istante. E’ anche un modo di ampliare la propria coscienza.

Quindi… che cos’è un’abitudine?
Un processo che abbiamo ripetuto centinaia o migliaia di volte, che siamo in grado di riprodurre senza portarvi attenzione, in modo automatico (quasi meccanico).

 

2. Metodo

Se per guidare l’auto e per mettersi il cappotto sono sufficienti le abitudini, spesso per raggiungere i propri obiettivi ed aumentare le proprie performance, non bastano. E’ meglio utilizzare un metodo.

Ti faccio una domanda: ti sarà successo, molto probabilmente, di avere un mese per preparare un esame di – circa – 600 pagine.
E ti sarà successo di dirti, mentalmente, qualcosa del tipo: “Ok, ho un mese, ce la faccio” e poi di ritrovarti a studiare gli ultimi 3/7 giorni.
Giusto?

Bene. La nostra mente è un computer e funziona bene quando le diamo ordini e regole chiare.
C’è molta differenza, anche a livello cognitivo, tra: “Ho un mese per 600 pagine” e “Devo studiare 20 pagine al giorno”.
La seconda affermazione è molto più chiara, diretta, operativa.

cubo di rubik
Ecco, un metodo si nutre, inizialmente, di input operativi. Per farlo è necessario avere ben chiaro l’obiettivo da raggiungere.
E queste sono le prime due differenze tra metodo ed abitudine. Ma ce n’è un’altra su cui voglio soffermarmi: il metodo è una soluzione che richiede attenzione ed impegno costante nel tempo.

Per l’abitudine questo non è necessario: io non prendo l’auto tutti i giorni, però, quando la prendo, la uso in modo automatico/abitudinario.

 

3. Rito

E finalmente siamo al rito, che potremmo definire come il “metodo spirituale”.
Difatti, la grande differenza con il metodo sta proprio nella scelta dell’obiettivo e, quindi, nella direzione della tua realizzazione.

altare
Se il metodo ti aiuta a realizzare i tuoi obiettivi, il rito serve a realizzare te stesso nel tuo lato spirituale.
Come nel metodo, nel rito va usato impegno, ma a differenza del metodo, questo impegno mette in atto una trasformazione interiore e porta a manifestazione – spesso – il proprio divino interiore.

Se volessimo prendere in prestito qualche parola da Marx, potremmo dire che il lavoro, nel metodo trasforma una materia (la realtà circostante, portando risultati), mentre nel rito trasforma ciò che siamo (la realtà interiore).

Infine, essendo esattamente al suo opposto, il rito – a differenza dell’abitudine – richiede necessariamente attenzione cosciente: ci sono atti da fare con attenzione e, spesso, l’atto stesso di portare attenzione sulle cose (corpo, respiro, oggetti) è, in sé e per sé, un rito (atto meditativo).

 

4. Conclusione

Bene, cari amici lemattiani, a questo punto siete un po’ più consapevoli circa la differenza tra abitudine, metodo e rito.
Il mio invito è quello di, d’ora in poi, scegliere bene quale di questi mettere in atto, come e quando.

Per il resto, vi mando un abbraccio!
^_^

- Matteo Ficara


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