Magazine Diario personale

About a Girl.

Da V

Oggi è una di quelle giornate che non esistono davvero,che finiranno disciolte nell’acido delle memoria ed è meglio così. Ho ascoltato la stessa canzone 121 volte in loop-dico davvero-e i miei sentimenti al riguardo sono ancora contrastanti. La sola cosa a cui riesco a pensare è che era il 1994 e io avevo compiuto,da poco, 5 anni. A 5 anni non si capisce ancora in che razza di casino i tuoi genitori ti abbiano messo,a cinque anni non si capisce un cazzo. Dico solo che avresti potuto aspettare. Avresti potuto aspettare.
Il linguaggio umano è estremamente complesso,più di ogni altro linguaggio animale. L’incomprensione è prerogativa esclusiva della nostra razza,non è ironico?Abbiamo addirittura libri che spiegano il significato di ciascuna parola,il fraintendimento non dovrebbe essere nemmeno contemplato. Eppure la frase che ho più sentito nella vita è stata:”Non ti capisco”. Mh. L’analfabetismo emotivo è un problema reale e dilagante,per questo sono nati i social network. Placebo. Amo i placebo,sono l’emblema di quanto la nostra mente sia stupida. E di quanto,in realtà,basti poco per stare bene.Ma sto divagando. Dicevo,l’incomprensione. Da qualche parte dovrei avere un libretto d’istruzioni,ma se anche lo trovassi non lo consegnerei a nessuno. Diventerei banale. La banalità è qualcosa che mi deprime in maniera mostruosa. Vorrei poter dire a qualcuno:”Andiamo a camminare scalzi al teatro Farnese,che il legno sotto i piedi mi ricorda tempi in cui,stranamente,mi sentivo accettata senza condizioni?” E poi vorrei andare a Bogotà, “A farti ammazzare”,mi rispondono sempre. Di qualche cosa bisogna pur morire,no? Sto divagando ancora. Oggi mi hanno chiesto se sono maggiorenne,è stata una donna a domandarmelo quindi credo all’innocenza della domanda. A 18 anni facevo la zoccola,anzi no,svestivo i panni di questo ruolo tanto divertente quanto faticoso. A 18 anni credevo che finito il liceo le cose sarebbero cambiate,che avrei cessato di essere me. In realtà è andata proprio così,ma in senso negativo. La sola cosa,tra le tante,che non riuscirò mai davvero a digerire è il non aver potuto studiare in una città diversa da quella dove sono nata e cresciuta. Ho fatto tutto per bene,ho dato il massimo escludendo tutto il resto,ho avuto il massimo dei risultati,ma non me l’hanno permesso. Non ho mai capito perchè,non sino in fondo. Bisogna far parte del sistema per poterlo combattere-scriveva o cantava qualcuno- ma la verità è che finisci per essere divorato. Il 1984 è ora. Allora ho iniziato a camminare con la testa bassa,con lo sguardo sempre puntato sui miei piedi tentando di evitare tutti gli ostacoli,senza guardare dove stavo andando.
A 18 anni ho smesso di ascoltare certe canzoni e ho messo bei vestiti. È agghiacciante la facilità con cui riesco a confondermi tra la gente, ora.
Sono disordinata ed incostante nei miei travestimenti,lascio indizi ovunque. Sono tutti pigri,però. La scelta è sempre degli altri,non si può obbligare nessuno.
Quando si tenta di divagare,si arriva sempre al punto. Divagherei tutta la vita. Con te.
Adoro i segnalibri,li perdo puntualmente. In un mese sono riuscita a farne sparire,non so come,due o tre. Per me tutto ha un significato. Mi trovo a disagio quando un padre abbraccia una figlia,in un film. Odio spigare l’ovvio,anche se questo,con me,sembra tanto difficile da vedere. Ieri,solo ieri,ho capito cosa manca,cosa è sempre mancato. Sono state parole scritte un po’ a caso,senza pensarci troppo,ma hanno dato concretezza a qualcosa che avevo solo intuito. Questa epifania non porterà a nulla,perchè tanto sarebbe troppo dispendioso -emotivamente- ed io mi attacco,come al solito,allo status quo. Almeno lo conosco,almeno lo so gestire.
Questa notte credo di aver sognato F.,chissà che fine ha fatto. Era grasso,nel sogno,ma aveva ancora tutti i capelli. Quando mi scrivevano canzoni le ignoravo,ora ne vorrei una. Tutta per me. Gli specchi non bastano più.

V.


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