È da tempo che i fondi comuni non sono più nel cuore degli investitori italiani, ma negli ultimi mesi sembra registrarsi una vera e propria fuga dai fondi comuni.
Solo a novembre 2011, i riscatti netti dai fondi comuni sarebbero stati oltre 8,5 miliardi di euro, che seguono i 5,8 miliardi di ottobre i 6 miliardi a settembre. Valori che non passano inosservati, non solo rispetto al secondo trimestre che complessivamente aveva visto deflussi per 6,7 miliardi, ma anche rispetto al totale del patrimonio delle gestioni collettive, equivalente a circa 263 miliardi di euro.I fondi comuni soffrono, oltre che delle difficoltà della congiuntura economica finanziaria
attuale, anche per motivi legati alla loro natura, patendo il fatto di essere strumenti nati e pensati in un epoca sostanzialmente diversa (*), tant’è vero che ci sono diverse iniziative per “aggiornarli” al contesto (anche tecnologico) attuale.
(*)I fondi comuni stanno perdendo da tempo l’interesse degli investitori, con una “gestione attiva” spesso deludente, e con la concorrenza di prodotti come gli ETF, forse meno ambiziosi ma anche meno costosi e più trasparenti (pur nel dibattito di cui abbiamo raccontato in passato, con un mercato di ETF che si è ampliato ma secondo molti ha abbassato la qualità delle proposte).
Secondo una ricerca condotta da due analisti di Morningstar, il punto è che i fondi comuni sono semplicemente vecchi. Anche per una questione tecnologica: se nel 1940, anno di introduzione dei fondi comuni negli USA, in cui le contrattazioni in Borsa erano “alle grida” e gli ordini venivano fatti su carta, introdurre un sistema che andava a calcolare il valore della quota ogni giorno e pubblicare rapporti trimestrali ed annuali era un lavoro tecnicamente molto impegnativo.
Ma nel XXI secolo un prodotto finanziario che segue al stessa logica non ha più senso: gli investitori non sarebbero più disposti ad aspettare fino a fine giornata perché sia valorizzata la loro quota. Gli ETF, al contrario, sono pensati anche tecnologicamente in tempo più recente, e quindi consentono una negoziazione anche intra-giornaliera, aumentando quindi la liquidità (e quindi il valore) dell’investimento.fonte






