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“Accompagnare versus curare” le persone omosessuali

Da Renzo Zambello

L’Ordine degli Psicologi della Lombardia prende posizione su questioni socialmente rilevanti

“Accompagnare versus curare” le persone omosessualiNon è così scontato né tanto facile che un Ordine professionale agisca concretamente di fronte a fatti socialmente rilevanti nella nostra società. Si sa che le prese di posizione sono spesso “scomode” perché rischiano di accontentare alcuni ma di scontentare altri. Pertanto, soprattutto nel nostro Paese, la prudenza non è mai troppa. La politica nazionale è di fatto generalista e spesso includente sui temi di rilevanza sociale e la politica professionale non è mai stata troppo diversa.Ma che fare quando c’è in gioco l’interesse di cittadini vulnerabili in cerca di aiuto che si rivolgono ad uno Psicologo?  E quando, con la loro prassi professionale, alcuni colleghi rischiano di violare gli articoli del codice deontologico?

Mi riferisco, in particolare, allo scottante tema dell’omosessualità che ancora oggi divide la società italiana da un punto di vista valoriale (siamo uno degli ultimi Paesi rimasti, in Europa, senza leggi a tutela delle coppie omosessuali nonostante i continui richiami del Parlamento Europeo).

Tuttavia, tale tema non dovrebbe più dividere la comunità scientifica internazionale da quando l’omosessualità è stata rimossa dall’elenco delle malattie mentali, nel 1973, e soprattutto da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita, nel 1990, una “variante naturale del comportamento umano”.

Pertanto uno specifico articolo del codice deontologico degli Psicologi italiani (art.4) afferma: “Nell’esercizio della professione, lo Psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. (…)”

Eppure basta digitare “omosessualità” su un motore di ricerca in internet e si rimarrà sorpresi dal numero di siti , molti in lingua italiana e spesso di matrice religiosa, che promuovono “cure” e “terapie” per le persone omosessuali con specifici riferimenti a teorie e terapie psicologiche.

Mi immagino cosa possa provare un adolescente che inizi una ricerca sul web per tentare di comprendere un po’ meglio la propria sessualità oppure un genitore che sospetti l’omosessualità del figlio e vada alla ricerca di informazioni. Pare che a certi professionisti della psiche non importi cosa dicano la comunità scientifica ufficiale o la deontologia professionale (tanto la gente queste cose non le sa!): la cosa importante è che, se qualcuno ha un problema che vuole eliminare perché sconvolgente e noi gli offriamo una cura avremo un cliente in più!

Se poi il tutto è condito da un’ideologia fondamentalista, con un radicato pregiudizio anti-omosessuale, tutte le remore e i dubbi scompaiono più facilmente perché si è anche nel “giusto”.

In questo panorama si comprende facilmente quanto sia importante una presa di posizione netta, chiara, degli Ordini professionali.

Sono molti gli Psicologi che sognano un Ordine che si occupi di questioni socialmente rilevanti mediante fatti concreti. E’ quello che ha fatto l’Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL) nello scorso mese di maggio, in occasione del convegno, a Brescia, di uno Psicologo americano fautore di un approccio per la “cura” delle persone omosessuali. Un’iniziativa, quella del convegno bresciano sulle cosiddette “terapie riparative dell’omosessualità” che ha fatto molto discutere e dalla quale l’Ordine degli Psicologi lombardi si è dissociato ufficialmente con un’apposita delibera approvata dal Consiglio dell’Ordine il 12 maggio scorso.

La presenza di un Consigliere OPL membro di AltraPsicologia al Convegno ha anche permesso di spiegare a relatori e partecipanti la posizione ufficiale dell’Ordine.

 E’ stata la prima volta in Lombardia di una presa di posizione così netta e chiara, seguita da quella del Consiglio Nazionale, dell’Ordine del Lazio, dell’Ordine della Campania (quest’ultimo ha redatto specifiche linee guida frutto del lavoro di un gruppo di studio e ricerca sull’identità e l’orientamento sessuale) e di quello dell’Emilia Romagna.

Molto soddisfatte sono, ovviamente, le associazioni del mondo omosessuale a partire da Arcigay, il cui presidente nazionale afferma, in un’intervista riportata sul sito gay.it: “Apprendiamo con soddisfazione che l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha condannato tutto il ciarpame parascientifico che va sotto il nome di “terapie riparative”, quei modelli terapeutici che vorrebbero inutilmente convertire gli omosessuali in eterosessuali”.

Ma grande è la soddisfazione anche di numerosi colleghi e comuni cittadini che nei giorni precedenti il convegno di Brescia avevano invaso le caselle di posta elettronica dell’Ordine lombardo chiedendo una presa di posizione sulle terapie riparative.

Cosa possiamo augurarci per il futuro? Come Psicologo il mio augurio è che tali prese di posizione siano sempre presenti quando sono in gioco gli interessi dei cittadini riguardo le prestazioni professionali erogate dai colleghi.

Sul tema specifico dell’omosessualità, il massimo sarebbe la costituzione, anche nell’Ordine della Lombardia, di un gruppo di studio e ricerca sulle identità sessuali con il compito di elaborare eventi formativi e linee guida per la pratica professionale degli Psicologi. Università e Scuole di Specializzazione sono infatti molto carenti rispetto alla formazione degli Psicologi sui bisogni specifici delle persone omosessuali e delle loro famiglie.

Come gruppo lombardo di Altra Psicologia siamo già all’opera. Un incontro pubblico in programma del neonato progetto “Officine” sarà infatti dedicato al compito dello Psicologo di fronte al paziente omosessuale e alla sua famiglia, visto anche che l’80% delle persone omosessuali dichiara di essersi rivolto almeno una volta nella vita ad uno Psicologo.

Tale compito non è certo quello di curare o cambiare qualcuno per via di un desiderio “sbagliato” ma di accompagnare l’esplorazione di sé, sostenere nelle fatiche, facilitare l’emergere di risorse personali, familiari e sociali.

di: Dr.  Paolo Bozzato

da: http://www.altrapsicologia.it  

Commeto del Dott. Zambello

Riporto volentieri un articolo apparso su www.altrapsicologia.it   sull’annoso problema dell’omosessualità, la strisciante e sempre viva omofobia sociale e  le orribili  “terapie riparative” con tutte  le  sequele di dolore e frustrazione che esse provocano soprattutto a monte partendo da una ormai superata equazione omosessualità = malattia. Ha ragione Bozzato,  é una affermazione che non ha più alcun supporto scientifico e  che avrebbe dovuto perdere ogni categorizzazione morale ed etica. Ma così non é stato, soprattutto in Italia.

Non condivido dell’impostazione del collega il suo impegno sociale, politico in qualità di psicoterapeuta. Approposito,  gli consiglio di  usare bene la terminologia professionale. Uno Psicologo, non deve fare terapia. Le persone non possono rivolgersi ad uno Psicologo per chiedere una terapia  ma, solo ad uno Psicoterapeuta. Il dott. Bozzato lo sa bene, non a caso é psicoterapeuta ma preferisce la  scorciatoia di riferirsi genericamente agli Psicologi  come agli operatori della Terapia psicologica e,  fa male.  Tornando al nostro tema, l’omosessualità, anche li,  Bozzato  prende la scorciatoia e si identifica con sacrosanti gruppi più o meno politicizzati che rivendicano diritti sociali.  Dott. Bozzato, noi  facciamo i terapeuti.  E’ proprio certo che mettersi in una posizione così politicizzata, quasi di difesa a-priori della struttura psicologica della persona che si rivolgerà  a lei, la aiuterà veramente? E’ certo che quella persona che ha scelto di avere rapporti omosessuali in realtà non sia  un eterosessuale represso?  Che ne sa lei, a-priori, delle persone che le chiederanno aiuto? Personalmente, interessa poco che i miei pazienti  siano omo od  etero ma che siano capaci di amare. So che riusciranno, forse,  con fatica  a trovare la loro libertà, capacità di farlo ma solo se io non  avrò  pre-giusizzi, non li  vorrò  per forza etero ma, neanche omo. 

  

 


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