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Aeroplani e arcobaleni

Creato il 15 aprile 2013 da Ilpescatorediperle
Nel fine settimana sono andato al cinema per vedere due film.Il primo è No, che a quanto vedo uscirà in Italia il 9 maggio (un giorno politicamente molto denso per un film sulla politica, peraltro). Si tratta di un film cileno dell'anno scorso, che parla della campagna referendaria del 1988 che ha permesso la caduta del regime di Augusto Pinochet.Come è noto dopo anni di dura repressione del dissenso il dittatore fece approvare una nuova costituzione che prevedeva un plebiscito nazionale nel 1988 per confermare o meno per otto anni il suo regime. Pinochet era sicuro della vittoria del Sì, e si era comunque ritagliato un piano-B, cioè anche nel caso di vittoria del No avrebbe mantenuto il controllo delle Forze Armate e in seguito si sarebbe fatto nominare senatore a vita - ciò che puntualmente avvenne.Ma il film non parla della dittatura di Pinochet, né di quello che è avvenuto dopo, se non in modo ellittico. Il vero centro del film è la costruzione della campagna per il No, affidata dal variegato fronte dell'opposizione ad un rampante pubblicitario di Santiago, interpretato dal sempre piacevole Gael García Bernal. La scelta decisiva è quella di non puntare sul passato (all'inizio del film vediamo il primo spot realizzato, tutto centrato su torture e sparizioni), su un'immagine angosciante del paese, ma sulla gioia. Il simbolo della campagna è l'arcobaleno (che rappresenta la variegata opposizione di cui sopra, memento Unione), gli spot sono spot degli anni Ottanta, che ricordano da vicino i nostri, il jingle è irresistibile.La scelta è vincente, specie di fronte alla campagna obsoleta per il Sì. Ad un certo punto la campagna del Sì comincia a parodiare quella del No, ed è lì che si capisce che il No avrebbe vinto: i sostenitori di Pinochet comunicano la paura di perdere e la sudditanza psicologica verso la campagna del No, oltre ad una minore padronanza delle tecniche pubblicitarie.Il film in fondo sta tutto qui: ha vinto chi ha saputo servirsi meglio del linguaggio pubblicitario (oltre che, ovviamente, la voglia di finirla con la tirannide). La discussione interna alla sinistra sulla legittimità di una campagna così frufru, senza troppi riferimenti all'orrore della dittatura, è, appunto, una discussione interna alla sinistra, come siamo abituati a vederne anche dalle nostre parti, e questo è un dettaglio da non perdere del film. C'è perfino chi dice che è meglio perdere, piuttosto che vincere così. La storia per fortuna andrà bene - più o meno. Un'amica cilena, che ha apprezzato il film, dice che l'intimidazione del regime, che aveva organizzato il plebiscito, verso i supporter del No è molto edulcorata, e immagino sia vero. Eppure, come dicevo, il centro del film non è questo.Il centro del film, in fondo, sono gli anni Ottanta e il ruolo, comunque politico, della pubblicità televisiva di quel periodo. Noi ne sappiamo qualcosa.Ma il secondo film che ho visto è Gli amanti passeggeri. Qui è uscito più tardi che in Italia, e ci tenevo ad andare perché, come si sa, è un film di Almodóvar. Non serve che mi dilunghi. Il film non è splendido, ma non è così male come l'avevo visto dipinto. Il regista torna sul registro della commedia, in uno stile che ricorda molto i suoi primi film. Qualcuno ha detto, criticandolo, che è la movida senza la movida. Eppure la seconda classe dell'aereo addormentata e la prima in crisi, che deve ingannare il tempo, qualche riflesso dell'epoca lo dà. A me è piaciuto proprio il tono volutamente disimpegnato e non melodrammatico (il poco di drammatico che c'è nel film resta, volutamente, a terra), diciamo anche un po' volgare, che ci rimanda agli anni Ottanta. E poi, per chi ama (e magari, chissà, sopravvaluta) Almodóvar, vedere una donna che porta la valigia al suo ex in aeroporto qualche corda la dovrebbe pur toccare.Tra questi due film, a parte il fatto che li ho visti uno dopo l'altro, non vi è apparentemente alcun legame. Eppure di legami ce ne sono diversi. Non solo García Bernal, che ha lavorato per Almodóvar, fa da trait-d'union, né solo il fatto che l'uscita da una dittatura deprimente attraverso una sovversione gioiosa del suo potere oppressivo caratterizzi sia la campagna del No in Cile che il primo cinema del regista spagnolo.Il vero rapporto, mi pare, sono gli anni Ottanta, o una certa idea degli anni Ottanta. Li abbiamo spesso dipinti come un'epoca futile. Eppure sono avvenuti, anche grazie ad un colorato modo di vivere e di viversi, cambiamenti politici importanti - e non solo Thatcherismo. Magari non avranno prodotto i risultati sperati, magari avranno generato dei mostri. Questi due film però mi paiono essere un omaggio a quanto di buono di quel periodo è restato. Forse persino qualcosa da imparare.da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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