E’ il primo caporal maggiore David Tobini del 183/o reggimento paracadutisti Nembo Pistoia
Primo Caporal Maggiore David Tobini
ROMA, 25 luglio 2011 – Un parà morto e altri due feriti, di cui uno in fin di vita: a meno di una settimana dall’attacco in cui è rimasto ucciso il geniere Roberto Marchini, l’Italia paga l’ennesimo tributo alla guerra in Afghanistan. Stavolta però non è stato un ordigno artigianale, i micidiali Ied che infestano le strade dell’Afghanistan, ad uccidere il primo caporal maggiore David Tobini: il parà di 28 anni in forza al 183esimo reggimento ‘Nembo‘ di Pistoia – uno dei reparti d’elite dell’Esercito – è morto al termine di una lunga battaglia che si è combattuta casa per casa a Khame Mullawi, villaggio nei pressi di Bala Murghab. La zona è tristemente famosa per i nostri militari: nello sperduto avamposto a 170 km ad ovest di Herat, feudo di talebani e trafficanti di droga, dove le forze della coalizione sono asserragliate in una struttura che era appartenuta all’Armata Rossa chiamata ‘Fort Apache‘, sono già caduti tre militari: gli alpini Massimiliano Ramadù, Sergio Pascazio e Luca Sanna. Nella battaglia costata la vita a Tobini sono rimasti feriti anche altri due militari: il caporal maggiore scelto Simone D’Orazio – alla terza missione all’estero dopo Sudan e Libano – e il caporale Francesco Arena. Quest’ultimo ha riportato ferite lievi ad un braccio mentre D’Orazio è in fin di vita: colpito all’addome, il paracadutista è stato operato nell’ospedale americano di Kandahar dove gli è stata asportata la milza. L’attacco è avvenuto alle 4.15 di mattina: i militari italiani assieme a quelli afghani avevano appena concluso un’ operazione congiunta di perlustrazione e rastrellamento in uno dei tanti villaggi della valle. Intervento che, ha spiegato il ministro della Difesa Ignazio La Russa, si era concluso “positivamente” visto che i paracadutisti avevano trovato gli ordigni e il materiale esplosivo la cui presenza era stata segnalata dall’intelligence. All’uscita del villaggio è scattato l’assalto dei talebani, che hanno fatto fuoco sui militari italiani uccidendo il caporal maggiore Tobini e ferendo D’Orazio. A quel punto i paracadutisti hanno cercato riparo in alcune abitazioni, per mettere al sicuro i feriti, ma sono stati nuovamente presi di mira dagli insorti posizionati in altre case che non erano state controllate.
Ed è in questo secondo attacco che è rimasto ferito Francesco Arena. Dopo quello che il ministro della Difesa definisce un “periodo non breve”, sono intervenuti gli elicotteri e gli aerei della coalizione internazionale, che hanno bombardato la zona. Solo a questo punto i militari italiani sono finalmente riusciti ad evacuare la zona e a mettersi al riparo. “David era una persona squisita, un ragazzo semplicissimo che amava il suo mestiere – dice affranta la zia – non si può morire così a 28 anni. Non è giusto”. La donna ricorda che per David questa era la seconda volta in Afghanistan e quando rientrò dalla prima missione la prima cosa che raccontò è che “in quella terra c’é troppa miseria”. Sul suo profilo Facebook, il parà non parla invece dell’Afghanistan, raccontandosi come un amante dei Doors e dei Queen e limitandosi a definire così il suo lavoro: “attività: corpi speciali”. Vicinanza alla famiglia del caporalmaggiore è stata espressa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si è fatto ancora una volta interprete della “gratitudine e del profondo cordoglio” del Paese. Il quarantunesimo morto italiano dall’inizio della missione in Afghanistan, ha riaperto però lo scontro politico sull’opportunità della permanenza nel paese. Con Idv, Sel, Verdi e Rifondazione che tornano a chiedere il ritiro immediato dei nostri contingenti e la maggioranza che tenta di fare quadrato in vista del voto sul rifinanziamento delle missioni sperando che la Lega non giochi brutti scherzi. “Provo rabbia per una missione che non condivido e non comprendo” ha ribadito anche oggi non a caso il ministro Roberto Calderoli, assicurando però il suo voto “per senso di responsabilità”. Per La Russa, però, “non è il momento del lutto quello giusto per discutere le ragioni della nostra presenza in Afghanistan. Ci sono altri momenti per discutere e della politica interna in generale e delle ragioni perché siamo nelle missioni internazionali di pace. Oggi è solo il giorno del cordoglio”.