Lo scienziato inglese Colin McGuckin, che svolge ricerche a Lione in Francia, ha realizzato da cellule di cordone ombelicale, un mini-fegato da utilizzare per test farmacologici, evitando così sperimentazioni di tipo non etico, vale a dire evitando l’impiego di cellule staminali embrionali che, come sappiamo, comportano il sacrificio di un essere umano nelle primissime fasi della sua vita.
Per McGuckin e per il suo staff non è stata una decisione facile, in quanto la ricerca etica è più difficile e genera profitti molto inferiori. Nonostante la crisi finanziaria globale, hanno rinunciato ai finanziamenti legati all’uso delle cellule staminali embrionali per rimanere fedeli ai propri principi. Nel corso degli ultimi quattro anni hanno addestrato una nuova generazione di scienziati, farmacisti e medici nel settore delle cellule staminali adulte, non solo in Europa, ma anche in altre parti del mondo; per creare il mini-fegato tridimensionale hanno persino collaborato con bioingegneri della NASA!
La grande stampa trascura di pubblicare i loro lavori perché, non essendo controversi, non fanno notizia, ma intanto il gruppo del professor McGuckin partecipa alla sperimentazione clinica nel trattamento di bambini affetti da ipossia alla nascita (cui può conseguire paralisi cerebrale infantile), e sviluppa trattamenti ossei per la riparazione della palatoschisi e di altre malformazioni. Il professore lamenta che la recessione globale e la crisi finanziaria hanno reso molti aspetti della ricerca medica più difficile. Le banche sono state rifinanziate dai governi, mentre gli ospedali e le università, anche in Francia, sono stati lasciati a soffrire e certamente ci sono meno soldi per la ricerca e le sperimentazioni cliniche, Tuttavia Le IPS (cellule staminali pluripotenti indotte forzatamente a svilupparsi in una direzione) e altri tipi di cellule staminali adulte sembrano essere molto promettenti e quindi la sperimentazione deve essere comunque portata avanti.
Anche in Italia si studia l’impiego delle cellule IPS e la dottoressa Stefania Corti dell’Università di Milano, sperimentando sui topi, ha ottenuto cellule staminali neurali da cellule IPS e le ha iniettate in topi affetti da sclerosi laterale amiotrofica (una degenerazione neuronale progressiva e mortale) ottenendone l’allungamento della vita ed un sensibile miglioramento neuromuscolare.
Mini-fegati finti e topi longevi sono promettenti, ma non sembrano molto vicini alla concretezza clinica; lo è invece la bimba Emily Whitehead i cui linfociti B erano degenerati in senso maligno causandole una leucemia linfoblastica acuta resistente alla chemioterapia che l’ha portata a un passo dalla morte. I medici del Children’s Hospital di Philadelphia le hanno prelevato linfociti T che, tramite virus HIV disattivato, sono stati “addestrati” in vitro ad attaccare le cellule B tumorali. Reiniettati alla bambina, questi linfociti hanno funzionato e dopo sei mesi nella piccola non ci sono tracce di recidiva! Se questa terapia risulterà applicabile a tutti o a molti potrà sostituire il trapianto di midollo osseo, più problematico in quanto richiede un donatore compatibile.
Anche il centro Sclerosi multipla di Genova sta partecipando ad una ricerca internazionale che utilizza cellule staminali adulte (prelevate dal midollo osseo). La sclerosi multipla è una malattia autoimmune in cui i linfociti T producono autoanticorpi che attaccano la mielina, una guaina che ricopre le cellule nervose e rende veloce la trasmissione di impulsi. Le cellule staminali appositamente prodotte in questo Centro bloccano l’azione dei linfociti T, ma sono utili a prevenire il danno, non a curarlo, per il momento. L’obiettivo è la realizzazione di cellule staminali che rilascino sostanze capaci di “risvegliare” le staminali endogene, presenti in tutti i tessuti incluso il cervello, inducendole a produrre nuova mielina; questo obiettivo potrebbe essere realizzato entro il 2015 e sarebbe un grosso passo in avanti rispetto alle cure palliative antiinfiammatorie che attualmente si applicano alla sclerosi multipla.