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Al centro la persona e non lo Stato

Creato il 26 gennaio 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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Il “popolarismo” batte anche nei cuori dei più giovani: in un articolo pubblicato su Il domani d’Italia (“Le nuove generazioni di fronte alla tradizione del popolarismo”), Daniele Di Mario, classe 1980, ci dimostra l’attualità del pensiero sturziano. Lo fa riprendendo la lezione dell’Appello ai liberi e forti, il manifesto del Partito Popolare Italiano che ha gettato le basi della partecipazione attiva dei cattolici alla vita pubblica italiana traducendo in ambito politico i principi della Dottrina sociale della Chiesa.

“Il popolarismo rappresenta insomma” scrive Di Mario “la pietra angolare del cristianesimo democratico”. Con esso viene posto l’accento sui limiti strutturali sia del marxismo sia dell’impostazione liberale, con “un’azione politica improntata al perseguimento del bene comune” e volta a risolvere la questione della disuguaglianza sociale, già evidenziata nella Rerum Novarum ma “che nella società e nella politica italiane ancora non veniva percepita nonostante le enormi disuguaglianze”. Il popolarismo si pone dunque come un’alternativa cattolica alla dottrina socialista per realizzare “uno Stato più giusto e più cristiano”.

Il tema delle disuguaglianze sociali, recentemente ripreso con insistenza da papa Francesco, è la testimonianza che, come nota Di Mario, “i drammi di ieri sono i drammi di oggi”: ci riferiamo in particolare all’insufficienza dello Stato sociale in molti settori come la sanità, la presa in carico dei soggetti deboli, il sostegno alla famiglia per i bisogni primari (l’asilo nido, l’assistenza domiciliare per gli anziani non autosufficienti). È proprio l’urgenza di queste problematiche che rivela l’attualità del metodo sturziano: “A partire dalle nostre comunità cittadine fino ad arrivare all’Europa si sente il bisogno di un nuovo umanesimo che metta al centro i bisogni della persona e del bene comune, quei bisogni che la Dottrina sociale della Chiesa intercetta e interpreta e che la politica d’oggi sembra aver perso di vista”.

Di Mario, da giovane “libero e forte”, pone l’accento sulle responsabilità dei suoi coetanei, ai quali spetta il compito, in questo difficile periodo di depressione economica, di costruire una società migliore e di “ribaltare le storture di un mercato senza regole per rimettere al centro la persona”. In questo senso, l’Appello ai liberi e forti diventa l’appello ai giovani cattolici “per tracciare, oggi come nel 1919, un cammino di fede e di speranza, di riscatto di una società in cui non sembra esservi più traccia d’alcuna forma di umanesimo e di una politica che sembra aver smarrito la strada del bene comune”.

Il ruolo dei cristiani nella politica viene oggi spesso relegato alla pratica del “neogentilonismo”, in cui esponenti riferibili all’associazionismo cattolico “vengono cooptati in liste civiche, liste di partito, giunte regionali o comunali con il compito di ‘coprire’ un mondo”; un espediente usato indifferentemente da centrodestra e centrosinistra per testimoniare “una sensibilità a dei valori, che è solo apparente”. I cattolici “dispersi in mille rivoli” devono invece trovare la forza per riprendere quello slancio che permise a statisti del calibro di Sturzo e ad altre personalità della classe dirigente e imprenditoriale (vedi la lezione di Adriano Olivetti, ndr) di “realizzare l’Italia democratica, il rilancio economico e politico del Paese nel mondo, l’europeismo nel senso più vero del termine”. Occorre “ricomporre un’esperienza politica capace di mediare gli eccessi di questo bipolarismo, soprattutto in un contesto di forti tensioni come quello attuale in cui all’annuncismo sterile di Renzi fanno da contraltare gli eccessi costituiti dagli insulti di Grillo e dall’ultralepenismo di Salvini”.

Il messaggio rivolto da Di Mario ai “popolari di nuova generazione”, ovvero ai “liberi e forti” di oggi, consiste nell’esortazione a correggere l’impostazione culturale della politica e a riportare in auge la propria “tradizione di libertà e democrazia, di valori, di orgoglio. L’orgoglio di essere cattolici impegnati nella costruzione del bene comune, di realizzare il Vangelo in terra costruendo una società che metta in pratica quei valori per porre l’uomo e i suoi bisogni al centro d’ogni azione politica”.

Marco Cecchini


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