“Accettare la malattia è cosa essenziale. Ho visto malati vivere con un senso di rabbia devastante. Si deve pensare che un ciclo di vita si è concluso e se ne apre un altro”.
E’ così che Alberto Damilano, nato a Fossano (Cuneo), nel ’55, medico, ha preso la sua malattia, la Sla, sclerosi laterale amiotrofica, che lo ha immobilizzato, ma che non gli ha strappato la voglia di vivere e lottare. Certo, ci sono stati momenti di disperazione e delusione, come ci racconterà, ma non non ha mai voluto mollare. Perché, lo dirà alla fine, lui nel mondo vuole continuare a stare.
Provate a leggere le altre risposte, che ha scritto con un puntatore oculare, e ne avrete la conferma.
Negli ultimi mesi ha scritto un romanzo, dal titolo: “Questa notte è la mia”, edito da Longanesi, ne sta scrivendo un secondo e ha girato un documentario con alcuni amici. https://www.facebook.com/ResistenzaCreativa.ilfilm?fref=ts.. Di progetti ne ha altri, perché “creare, ne è convinto – è resistere”
Ma leggiamo insieme.
“I primi sintomi – scrive Alberto – sono comparsi nel febbraio 2009. Ho avuto la conferma della diagnosi ad ottobre dello stesso anno. Anzi, l’ho chiesta io. Sono medico e non c’erano più dubbi. E’ stato l’unico periodo in cui mi sono chiesto: Perché proprio a me? Dopo, una volta accettata la malattia, ho ribaltato la domanda: “Perché non a me? Cosa ho di speciale per non essere toccato da questa malattia?” Ma quello che mi ha fatto stare proprio male è stata la vergogna.La vergogna?
Sì. E’ la prima a comparire. La vergogna d’essere considerato da meno, menomato non solo nel fisico, ma anche nella mente. Nel mio romanzo ho messo in bocca a Massimo, psichiatra, amico di Andrea, il protagonista, questa frase: “La malattia e tu non siete una cosa sola. Essa ti appartiene, ma tu sei una persona”. Sono andato avanti, non ho mai mollato, perché per fortuna ho una bella famiglia, che mi ha sempre sostenuto. Mia moglie. Non so che farei senza di lei. Legga le parole di Marta, nel romanzo, sono le sue: “Qualunque cosa succeda, io ci sarò sempre”. E poi ho una figlia stupenda, non potevo lasciarla sola.
Da chi si aspettava un aiuto che non è mai arrivato?
Mi hanno deluso i colleghi i lavoro. Li credevo amici. Invece, mi hanno abbandonato. La malattia fa paura, ma non si dimentica mai un amico.
Come fa a ricominciare ogni giorno? Forse ha una grande fede in Dio?
No, non sono credente. E’ uno stereotipo che le persone prive di fede non abbiano spiritualità. Cos’è che mi fa andare avanti? La curiosità per la vita, credo. Le giornate passano, non ho tempo per tutto. Comincio la giornata con la mobilizzazione passiva. Ho assunto un infermiere, due volte la settimana viene il fisioterapista dell’ASL. Poi i vari lavaggi. Dunque, mi metto al pc e sbrigo la corrispondenza, sono attivo anche nell’associazionismo e quindi è sempre intensa la mia vita.. Di pomeriggio scrivo, sto ultimando il mio secondo romanzo, ma non sempre ci riesco, dovrei darmi una disciplina. A sera vedo film, sono un cinefilo accanito.
Non tutti hanno la sua forza, però.
Beh, c’è stato un momento particolarmente difficile, che non scorderò. Fare l’intervento di tracheotomia non è cosa facile, perché non si torna indietro. A chi si trova nelle mie condizioni consiglierei di meditare bene, senza inutili sensi di colpa, qualunque sia la decisione. Accettare la malattia è cosa essenziale. Ho visto malati vivere con un senso di rabbia devastante. Si deve pensare che un ciclo di vita si è concluso e se ne apre un altro, le cui coordinate sono tutte da stabilire, una condizione molto difficoltosa e non facile da accettare. Se non c’è questa consapevolezza, va fatta una scelta diversa: le cure palliative in attesa della morte. Sono un po’ brutale, è vero, ma la SLA non lascia alternative, purtroppo.
Come vivono in genere i malati di Sla in Italia? Ritiene che siano considerati pazienti di serie B?
I malati di SLA non sono tutelati affatto. Come del resto tutti i non autosufficienti. Il fondo nazionale non-autosufficienze è stato azzerato cinque anni fa dal governo Berlusconi. Oggi servirebbero non più di 700 milioni di euro, una cifra ridicola, per assicurare a tutti i non autosufficienti, una vita al proprio domicilio dignitosa, senza ingrassare le RSA private. Invece chi ha un non autosufficiente a casa è costretto a rinunciare al lavoro, vendere la casa, per offrire certi livelli d’assistenza. Esistono per noi solo disabili che non hanno diritti. La crescita del movimento di tutela ha compreso che non si possono fare lotte settoriali, ma battersi per i diritti di tutti.
Veniamo al libro, edito da Longanesi.
Un giorno un’amica, Gabriella Della Rovere, mi propose di scrivere una testimonianza sulla malattia. Io, che non volevo rompere le palle ai lettori, ci ho scritto un romanzo. E così è cominciata la voglia di scrivere, entro nel mondo fantastico della fiction e mi ci perdo.
Dalla sua storia è nato anche un documentario. E’ partita un’operazione di crowfunding per finanziarlo. E’ così?
Mi hanno seguito per oltre tre anni, ritagliandosi spazi all’interno del proprio lavoro, due filmakers torinesi, miei amici, semplicemente perché mi vogliono bene. Da questo lavoro, completamente gratuito è nato un sacco di materiale, affiancato dalla drammatizzazione di alcune scene del romanzo, anch’esso interpretato da attori, gratuitamente. La raccolta fondi costituisce la copertura economica per le numerose ore del montaggio e i costi di distribuzione. Il tetto è stabilito in 8500 euro, una cifra modesta, per un film auto-prodotto.
Beh, c’è molto perché perché possa sentirsi un tipo tosto. Non è così?
In certo modo, sì,. sono un tipo tosto, ma solo perché ho avuto condizioni migliori di altri, a partire dalla mia formazione. Dall’esistenzialismo ho mutuato la facoltà di esserci nel mondo e l’intenzionalità, che io traduco in volontà, di stare al mondo.
Cinzia Ficco