LUCCA – Era il 25 Ottobre 2012 quando Alessandro Favilla, bimbo di 10 anni, è morto tragicamente, soffocato da una fatale crisi respiratoria che nessun medico aveva previsto nonostante le ricorrenti visite alle quali i genitori avevano sottoposti il piccolo, allarmati da un respiro affannoso. A distanza di più di un anno l’inchiesta aperta dalla Procura, affidata al pm Fabio Origlio, è alla stretta finale.
LA VICENDA – Il bambino era stato operato a Roma i primi di Ottobre ed era staro rimandato a casa con tante rassicurazioni. Eppure Alessandro aveva uno strano respiro affannoso. I medici avevano tranquillizzato il bimbo e i familiari: Alessandro stava bene, e la tosse ricorrente era dovuta semplicemente ad una bronchite. Il bimbo era anche tornato a scuola, a San Lorenzo a Vaccoli.
Poi la tragedia: Alessandro è morto tra le braccia dei genitori a seguito di una violenta crisi respiratoria che i medici non avevano previsto nonostante le insistenti visite alle quali i genitori avevano sottoposto il piccolo, allarmati per quel respiro sospetto dopo un complesso intervento chirurgico.
L’INCHIESTA - Si può morire così a 10 anni? Sulla vicenda la Procura ha aperto un’inchiesta che ha visto indagati otto medici, sei dei quali lucchesi e due romani. All’epoca furono disposte anche delle consulenze, ma ancora il perito della Procura non ha consegnato la sua relazione. Un documento chiave per capire come è morto Alessandro e se qualcuno ha sbagliato. “Vogliamo la verità: Alessandro poteva essere salvato?”, chiedono genitori e nonni.
Si legge su La Nazione:
“Il pm Fabio Origlio ha infatti chiesto al gip di fissare un incidente probatorio per mettere a confronto le ultime risultanze delle perizie. Da un lato quella appena consegnata dal professor Marco Di Paolo, nominato dalla Procura, dall’altro le valutazioni del perito professor Robero Da Porto indicato dai genitori del bimbo, Emanuele e Alessia Favilla, nonché dei periti dei vari medici indagati”.
Finora, scrive La Nazione, è emerso che
“Alessandro aveva in corso una polmonite e anche una stenosi della trachea: per questo sarebbe stato soffocato dal catarro in pochi fatali istanti quella tragica mattina dentro casa in via Orzali all’Arancio. Nessuno aveva pensato di ricoverarlo o di approfondire in modo accurato la situazione, nonostante i vari accessi dei genitori al pronto soccorso pediatrico del Campo di Marte, nel giro di due settimane. Il tutto a brevissima distanza da un complesso intervento chirurgico al quale era stato sottoposto a settembre a Roma per ridurre la cifosi della colonna vertebrale”
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