LE NOSTRE FOTOGRAFIE, ANTONIN ARTAUD, CARMELO BENE, ALGONSO GATTO: NARRARE LA REALTÀ E IL SURREALE
La mostra fotografica CONTRASTI: vernissage a Bologna il 12 novembre, ore 19, in via Zamboni, presso il Lab 16.
È sempre più difficile dare conto della realtà, estirpare dal buio, dall'eccessiva luce e dal frastuono, valanghe di suggestioni ambigue per schiarirle. Sommersi dal virtuale, cediamo alla voglia di delegare all'obiettivo fotografico il tentativo di raccogliere le spoglie di ciò che è appena successo, che già non è più. Il resto, quello che accadde prima, è solo un miraggio, forse solo un sogno. La coniugazione obiettivo fotografico-parola scritta è il passo successivo, verso il desiderio di dipanare l'ordito luci/ombre. E allora appare naturale porre sotto la fotografia esposta una didascalia che non dica solo: foto scattata a…da…il…con…
Il problema, data l'urgenza di dire l'intenzione di chi scatta la fotografia allo spettatore che aggiungerà altri significati, è sempre lo stesso: narrare altro con le parole, per spiegare ciò che l'immagine forse cela. È così: l'immagine resiste al vento che vuol portare via i veli; ma anche le parole frappongono ostacoli alla comunicazione, essendo un codice preesistente, che i due, il fotografo e lo spettatore, non hanno determinato, essendo stati assenti durante il suo percorso formativo. Eppure è in tutto ciò che sta la vera ricchezza della interazione immagine/parola: si può dire qualcosa di nuovo e forse anche l'indicibile. Crediamo chi si occupa di arte-cultura questo tema lo colga agevolmente, che sia rilevante davvero. Un esempio lo fornì Carmelo Bene: Ho tra le mani un foglio, scritto o disegnato. A distanza, ne decifro perfettamente i margini e il significato totale. Lo accosto a venti centimetri dagli occhi e ne decifro il senso dei dettagli. Avvicino questo foglio al mio naso e qualunque leggibilità è sbiancata Il massimo del blow-up ottico-acustico coincide con il minimo dell'ingrandimento (visibilità-udibilità zero). Ecco l'amplificazione come risonanza. La fenomenologia del soggetto è finalmente solarizzata. E' accecato l'ascolto.
Non è sfuggito neppure ad Alfonso Gatto, un poeta che amiamo:
IN BILICO
Dipingere che cosa?
Il timido risveglio
d'una piccola rosa
che si alza dal bicchiere,
le foglie del cadere?
Basta un segno l'invoglio
che s'apre dalle carte
alla luce degli occhi.
Dipingere l'ascolto
e metterlo da parte,
in bilico sul volto,
le mani sui ginocchi.
Dipinta per figura
una presenza pura
che non avrà mai nome.
E non sapere mai che
è nata dalla prova
del segno che la trova
sul foglio e sulla tela.
Può essere la mela.
D'altronde, non era sfuggito neppure ad Antonin Artaud, ed è per questo che forse la didascalia alla foto b/n qui pubblicata, nel tentativo di riprodurre -lasciar immaginare il clima che può stare intorno a chi realizza un tessuto e lo stende al sole, sarà tratta da FIORI:
Da un gradino d'oro- fra i cordoni di seta, i veli grigi, i velluti verdi e i dischi di cristallo che s'anneriscono come bronzo al sole- vedo la digitale aprirsi su un tappeto di filigrane d'argento, d'occhi e di capigliature. Monete d'oro giallo sparse sull'agata, colonne di mogano sorreggenti una cupola di smeraldi, mazzi di raso bianco e fini verghe di rubino circondano la rosa d'acqua. Simili a un dio dagli enormi occhi azzurri e dalle forme di neve, il mare e il cielo attirano alle terrazze di marmo la folla delle giovani e forti rose.
Alessia e Michela Orlando