LA NOSTALGIA DEL FUTURO
MALEVOLI SOSPETTI SULLA PROSA DI MARCELLO MASTROIANNI
Il bandolo della matassa lentamente si ritrova e il dipanarsi dei ricordi di Marcello ci portano dove non siamo mai state: nella DOLCE VITA; poi nella VITA; infine nella MORTE
DOLCE ANCHE QUELLA
L'estasiante bellezza dell'espressione La nostalgia del futuro si deve a Marcello MASTROIANNI e a Tullio Kezich che ce la restituisce in terza di copertina. Il libro è: MI RICORDO, SÌ, IO MI RICORDO, Baldini & Castoldi; si tratta della versione grafica del film diretto dalla barlettana Anna Maria Tatò.
In ogni attimo di pausa rubato al fagogitare delle pagine, belle anche esteticamente, che vanno da 11 a 182, compresi i 25 scatti fotografici in bianconero, il disegno di Federico Fellini: Il sirenetto, ovvero la «sceneggiatura» della Dolce vita; lo scatto, ancora b/n, che ci restituisce la regista Annamaria Tatò, dietro la macchina da presa, e la sua NOTA scritta nel 1977, intitolata Flash-back: ODESSA, 1987 che ci dice come mai fu abbandonato l'originario titolo "Autoritratto": è troppo rigido, quasi presuntuoso: fa pensare a qualcosa di lineare, ben ordinato; pretende un rispetto quasi cronologico delle tappe della vita. Invece un titolo come Mi ricordo è simile a uno spazio aperto, concede maggiore libertà, anche di dimenticare cose importanti. Perché "la memoria è bizzarra, eh? Bizzarra come l'amore".
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La regola tutto sommato esposta da Anna Maria Tatò, meglio ricordare la vita di Marcello Mastroianni concedendosi la libertà di non farlo in maniera diaristica, l'abbiamo adottata anche nei nel leggere la prima volta Mi ricordo, sì, io mi ricordo. Avremmo continuato così tutta la vita.
Avevamo il sospetto fosse lento e poco interessante. Che poteva mai dirci un attore che non abbiamo potuto sentire nostro per limiti di età? Che potrebbe dire, adesso, ad altre venticinquenni? Questa è stata la vera sfida: cercare la risposta.
È un libro che potendo farlo avremmo mandato giù a memoria, giacché è uno strumento per noi utilissimo: come si potrebbe altrimenti conoscere ciò che è accaduto nella sua lunga vita di attore? I film? No, quelli sono buoni per altro, per lasciarsi inglobare nel buio della sala cinematografica e divenire protagonisti di storie; nulla a che fare, poi, con le sensazioni date dai film proiettati, anzi: trasmessi, dalla televisione. Quello è uno strumento di tortura della vista e dell'udito, che se si buttasse dalla finestra, oggi come ieri, non fosse altro che per il fatto lesivo più clamoroso: ti sottrae la magia del cinema, come quella del circo, di un concerto, di una messa…
Il primo ricordo che Marcello ci regala è: un albero di nespole. E poi: lo stupore e l'incanto guardando i grattacieli di New York, in Park Avenue.
Cosa dire del tegamino di alluminio senza manico, che irrompe nella scena della nostra mente insieme alla madre, che ci friggeva le uova? E della rapida successione di persone definite con i soli nomi e ciò che di loro lo colpirono, come Rabagliati e Clark Gable? E della bottega del nonno falegname? E di H.G.Wells, Simenon, Ray Bradbury, delle illustrazioni della Domenica del Corriere, di Flash Gordon, dell'odore del legno? Non potrebbe certo bastare sottolineare che si tratta di immagini, di incontri e di labili sensazioni. No. Sono soprattutto suggestioni di vari mondi, in gran parte scomparsi. E di una sensibilità speciale. Quanti avrebbero pensato di inserire nei propri ricordi l'odore del legno, prima di leggerlo nel libro di Marcello? Sono tantissimi i suoi, e non manca quello di Parigi e della figlia Chiara, affascinante attrice (poteva essere mai diversamente essendo anche figlia di Catherine Deneuve?) che in Italia nessuno fa lavorare.
È un libro che ci è molto piaciuto; eppure qualcosa di poco gradevole lo ha lasciato: la foto di copertina. Ce lo mostra ormai sfiorito; seduto su una poltroncina di vimini, accanto a un tavolino, in un spiazzale circondato da alberi. È solo; con un cappello si protegge la testa; accanto una caraffa d'acqua e un bicchiere. Troppo triste; sopratutto dopo aver visto le foto interne al libro.
L'ultimo ricordo, il nostro, è una sua constatazione divertita e chiarificatrice. La offre parlando del suo compleanno, quello del 23 settembre 1996: E guardate che non ho un cattivo carattere. Ma forse per alcuni versi sì. Però, in generale, sono molto paziente e accomodante. Ma non «buono», come molti dicono: «Oh, è tanto buono». Poi qualcun altro dice «Ma che buono, quello è un figlio di puttana». Va' a sapere dov'è, la verità.
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