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alessia e michela orlando: SVELARE UN MONDO MISTERIOSO QUANTO AFFASCINANTE IN UN SOLO TERMINE-MASTUGGIORGIO-NERBATE-UOVA-CANZONI

Creato il 20 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: SVELARE UN MONDO MISTERIOSO QUANTO AFFASCINANTE IN UN SOLO TERMINE-MASTUGGIORGIO-NERBATE-UOVA-CANZONI

Ova revertentis quae sunt medicina salutis

   Fer,  precor,  o vatem plurima quisquis amas.

   Ti prego,  chiunque tu sia che ami il tuo maestro,

   portami molte uova che sono la medicina 

   del senno che ritorna.
Giovan Battista Valentini detto Il cantalicio

VOCABOLARIETTO NAPOLETANO
ENRICO MALATO

Edizioni Scientifiche ITALIANE

Con un commento di Mario Stefanile

UN LIBRO DA SALVARE

Le sue dimensioni minuscole e le sensazioni che possono essere indotte dal titolo, in un mondo in cui pare che anche le cose preziose debbano per forza essere mostruosamente grandi, sono immediatamente stravolte: ciò che è piccolo diviene straordinariamente profondo, godibile, entusiasmante. E nella stessa misura si gonfia la voglia di saperne sempre di più.

Mario Stefanile, nel suo commento, sembrerebbe voler mettere in guardia i lettori: non vi preoccupate troppo, questa non è una chiosa pedante e, oltretutto, lo scritto  non ha bisogno di altre note. Noi diremmo che anche l'Autore, per chiara fama, dovrebbe essere tenuto al di fuori di giudizi ulteriori.

Ma qual è, dunque, la ragione di tutto ciò? Come si giustifica una introduzione del genere? E anche un appello tranciante: facciamola finita, diteci il titolo del libro e il nome dell'autore, lo andiamo a comprare e poi se ne riparla.

Non è facile. Non sarebbe facile farlo: comprarlo, ma dove?

Noi lo abbiamo trovato, tra i libri di casa, senza copertina e con qualche macchia di inchiostro blu nello spigolo inferiore delle pagine che lo compongono.

Sotto il titolo, posto, nella prima pagina, c'è scritto, con grafia infantile dalla emme netta e curvata, con i vertici superiori che sembrano colline, MASTUGGIORGIO. Trattandosi di un vocabolarietto è stato normale cercare questo termine. Lo abbiamo trovato. Si è aperto un mondo  a noi del tutto ignoto, che non  avrebbe senso sintetizzare in un giudizio. Lo offriamo integralmente alla lettura di chi non lo conosca:

Sulla figura di Mastro Giorgio – o, secondo la dizione corrente Mastroggiorgio  -, il classico infermiere di manicomio, energico, autoritario, dispotico con gli ammalati, secondi i sistemi di cura della pazzia in uso  Napoli a Napoli nei secoli XVI e XVII, E.Buonocore pubblicò uno studio (Mastrogiorgio nella storia della cura della pazzia, Napoli 1907) nel quale, con argomenti spesso claudicanti, cercava di identificare il personaggio con un certo Giorgio Cattaneo, che avrebbe imperversato nel nosocomio napoletano appunto tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo. Benché l'identificazione supposta dal Buonocore sia però tutt'altro che dimostrata, sembra probabile che all'origine del termine – oggi sinonimo di "prepotente". "arrogante" – fosse effettivamente una persona reale. Tanto più che proprio a partire dal XVII secolo diventano frequentissimi, nella letteratura dialettale popolare napoletana, i riferimenti non solo a Mastro Giorgio come a persona determinata, ma anche e soprattutto ai singoli metodi di cura che – perché inventati da lui, o da lui applicati con particolare energia – lo avrebbero reso celebre.

Tali metodi si fondavano sulla presunzione che la pazzia fosse la conseguenza della concentrazione di troppa forza nei centri nervosi degli ammalati. Perciò, allo scopo di estenuarli fisicamente, questi erano anzitutto costretti a girare una pesantissima ruota per attingere l'acqua da un profondo pozzo, poi ancora – prima, durante e dopo quello sforzo – dovevano subire energiche dose di nerbate; infine, per ragioni non chiare (forse per evitare conseguenze troppo gravi ad una così violenta cura), erano costretti a trangugiare cento uova fresche, che avrebbero dovuto ridare a quei disgraziati il senno perduto.

Di questi assurdi sistemi si trovano echi frequenti nella letteratura dialettale napoletana, specialmente del Seicento. Alla terapia completa fa cenno, ad esempio, il Valentino (in un passo che non mi è riuscito di rintracciare, citato da Croce nella sua traduzione del Pentamerone II, p.17 – senza indicazione bibliografica) in cui fa dire a un tale che ritenuto pazzo era stato ricoverato all'Ospedale degli Incurabili: «Votaje la rota comm'a tutte l'àute, / Me magnaje le cinetovacomm'è sòleto, / La porzione avette de le bàcole (="bastonate")». Senza entrare in dettagli, ma con esplicito riferimento a Mastro Giorgio, accenna ancora a quella singolare terapia il Lombardi, nell'arragliata IX =  canto IX, 28) della sua gustosa Ciucceide. Parlando della presunta pazzia di Alessandro Magno, il poeta dichiara: «pe ste mmalinconie nce vò chell'uorgio / Che sta a la Speziaria de Masto Giorgio», cioè "occorrono i medicamenti che Mastro Giorgio pratica ai suoi ammalati". Ancora il Cortese (Viaggio di Parnaso, VII, 36): «Ma chesta tene ognuno ch'è pazzia / E dice: - A lo spetale, o poveriello! /……/Vago a tant'aute terre, e ognuno dice: / - Va piglia le cient'ova, ommo 'nfelice! »; il Basile (Pentamerone, III, 2): «non s'averria creduto maje che lo frate…cercasse de darete no paro d'ova sciacque, dov'isso n'aveva abbesuogno de ciento fresche…», ecc.

Non è  possibile, per ovvie ragioni di spazio, abbondare come si vorrebbe con gli esempi, numerosissimi. Non può tuttavia tacersi un caso di sopravvivenza nel linguaggio tuttora corrente del ricordo di quelle assurde cure praticate agli alienati. È nel noto proverbio: "Tanto rutaro i pazze, che ghiettrarono a Mastuggiorgio dint' 'u puzzo", cioè "tanto si dettero da fare, tanto si industriarono, che riuscirono a gettare Mastro Giorgio nel pozzo" (rutaro, forma spocopata di rutarono, perfetto di ruta' = "ruotare", "girare", nel senso qui di "concentrare tutti gli sforzi su un obiettivo da raggiungere"): dove è chiaro il riferimento al pozzo la cui ruota essi dovevano girare.    

Si comprende come qui l'Autore abbia non solo sfruttato la sua cultura napoletana ma anche come abbia ricercato e sintetizzando il materiale ritrovato in una elaborazione, facendo sorgere la voglia di aver per le mani i documenti di cui si è avvalso (siano essi cartacei o umani, tali essendo coloro che il termine certamente l'hanno usato in maniera pertinente).

È bastata questa parola perché sorgesse l'urgenza di ritornare a Mario Stefanile, al suo commento, che è adesso più chiaro: …noi non avremmo nè veste togata da indossare nè cattedra da salire per dir solennemente la nostra in una materia così bruciante che solo a metterci la punta di un dito ci si scotta tutta la mano: ma soltanto, questo si, abbiamo gusto e gioia per queste avventure delle parole, soprattutto quando fioriscono – o, meglio, quando sfioriscono – sulla bocca del popolo, in un  istinto felice di dar un nome alle cose, d'inventare un linguaggio capace d'essere lingua e di forzare così immediatamente e senza ausilio alcuno di cultura la nostra fantasia. In questo senso ogni avventurato lettore di questo Vocabolarietto Napoletano – che ha il solo torto d'esser troppo breve – potrà e anzi dovrà da sè compiere un commento, al pungolo delle pagine del Malato: da esse partire, si vuol dire, per lasciar correre ricordi personali, esperienze dirette e particolari, opinioni proprie e sorprese e meraviglie di scoperte che si moltiplicano e che finiscono con l'investire non più esigui problemi specifici d'evoluzione del linguaggio bensì vasti e vastissimi dominii storici, demopsicologici, sociali, il tessuto stesso della vita napoletana nei suoi succhi e nei suoi fiori.

Avendo agitato un dubbio: dove trovare questo vocabolarietto? Non occorre indicare le soluzioni a un problema forse inesistente; non escludiamo che sia ancora reperibile nelle librerie, magari sulle bancarelle, nelle biblioteche, presso la ESI ( http://www.edizioniesi.it/ ), ma potrebbe essere utile anche cercare nelle emeroteche: come evidenzia l'Autore, il Vocabolarietto Napoletano nasce da una fortunata omonima rubrica giornalistica, pubblicata nella terza pagina del quotidiano "IL MATTINO", tra il 1961 e il 1964.

Purtroppo, e Enrico Malato lo evidenzia, nella rubrica dovette tener conto dei lettori e, pertanto, nel libretto ha sottoposto il tutto a revisione. Quindi: chi cercasse i vari termini nella predetta rubrica, si troverebbe di fronte a contenuti forse anche nettamente diversi. Resterebbe, tuttavia, valido l'appello di Mario Stefanile: cercate ulteriormente, fatene approfondimenti personali. Noi lo stiamo facendo e abbiamo deciso che si ritornerà su MASTUGGIORGIO. Intanto: evidenziamo che questo famigerato personaggio compare anche in una canzone di Raffaele Viviani, 'O GUAPPO 'NNAMURATO. La alleghiamo, con la dovuta e adeguata sottolineatura. È tratta dal sito di Sorrento Radio, che propone molti altri testi:

http://www.sorrentoradio.com/prova/testinapoli/doc338.htm

'O GUAPPO 'NNAMURATO

Mm'hê 'ncarugnuto cu chist'uocchie belle,
mm'hê fatto addeventá nu vile 'e core,
n'ommo 'e lignammo: nun só' cchiù Tatore,
'o mastuggiorgio 'e vasci'â Sanitá!...
Nun só' cchiù io, mannaggi''a libbertá!
Scorz' 'e fenucchio,
tengo nu bruttu pólice 'int''a recchia!
Só' bevitore 'e vino e, si mm'arracchio,
te scárreco 'a ricanna 'int''o renucchio!...
Scorza 'e fenucchio!
Mme tratte comme fosse n'ommo 'e paglia:
prumiette sempe e nun mantiene maje...
Ma nun capisce che, accussí, mme 'nguaje?
Nun saje ca, pe' rispetto a ll'umirtá,
'sta faccia accussì bella 'aggi''a sfriggiá!?
Surzo 'e sciarappo,
si arrivo a te piazzá stu miezu scippo,
p''o mmerecá, nc'hê 'a mettere pe' coppa...
nu palmo e nu ziracchio 'e sparatrappo...
Surz''e sciarappo!...
Femmene belle sempe na duzzina
n'aggio tenute appése a stu cazone.
E mo mme stó' strujenno 'e passione
pe' te ca nun canusce caritá,
chi sa 'sta pelle addó' 'a vaco a pusá!...
Fronna 'e carota...
Manco 'a quattuordece anne 'a carcerato...
però, chi mme ce manna n'ata vota,
se fa 'nteresse sempe nu tavuto!
Fronna 'e carota!
Te si' pentuta? E basta nun fa niente!
Chello ch'è stato è stato...e vienetenne!
C'è poco 'a dí, chi nénna se pretenne,
vicino a te nun have a che ce fá!
E' 'o stesso affetto ca mme fa spustá!
Tu 'o ssaje ca i' feto!
Si nun te 'nfilo 'o junco n'ata vota,
cu 'o curtelluccio mio a máneca 'e cato,
te scóso 'a 'nanze, 'a dinto, 'a fora e 'a reto!
Tu 'o ssaje ca i' feto!

 

L'illustrazione: A Rake's Progress; l'ospedale psichiatrico Bedlam Asylum, nel 1770; William Hogarth(le sue fonti erano: il teatro e la letteratura inglese del '700: Ho voluto comporre pitture su tela simili a rappresentazioni sulle scene; e spero che vengano giudicate con lo stesso criterio; ho cercato di trattare il mio soggetto come autore drammatico; il mio quadro è il mio palcoscenico, e attori sono uomini e donne che per mezzo di atti e gesti figurano una pantomima).

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