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Alfano e Calderoli. Questione di credibilità

Creato il 15 luglio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
Alfano, Calderoli, Shalabayeva, Roma, Kazakistan, Letta, Kyenge, polemiche, Lega Nord, Senato, Italia

Attribution: gTognini.

Negli ultimi giorni l’informazione italiana è totalmente catalizzata da due temi scottanti e dibattuti fino alla nausea, il caso Shalabayeva (con le polemiche su Alfano) e quello Calderoli. Entrambi i casi sono, ognuno a suo modo, preziosi indicatori di una cattiva gestione della cosa pubblica. Protagonisti degli scandali non sono certo due sprovveduti, bensì due uomini di punta delle Larghe Intese che da qualche mese provano a governare lo stato. Cambiano gli esecutivi e con loro l’assetto del Parlamento, ma salvo rare eccezioni gli interpreti della politica rimangono i soliti tristemente noti. Così, in un palazzo del potere che tra caimani, pitonesse, falchi e colombe non ha mai assomigliato così tanto ad uno zoo, si consumano le figuracce e gli scandali made in Italy.

A farla da padrona è ancora una volta l’ignoranza: quella gretta e triviale di Calderoli, che da vicepresidente del Senato paragona un suo ministro ad una scimmia, ma soprattutto quella di Alfano, ignorante in quanto non a conoscenza di quello che stava accadendo alla moglie del più noto dissidente politico kazako. Il vicepresidente del Consiglio, dicono i suoi, farà saltare le teste di alcuni sottoposti che saranno giudicati responsabili della figuraccia. Il Pdl nel frattempo si stringe intorno al suo luogotenente e scongiura ogni ipotesi di dimissioni: senza Alfano il governo Letta non ha ragione di esistere, dicono. L’errore di Alfano e del ministro degli esteri Bonino sul caso Ablyazov ha suscitato scalpore e sdegno non solo in Italia ma in tutta l’Eurozona, tanto che il governo, resosi conto della sciagurata situazione, ha pensato bene di mettere le pezze annullando l’espulsione. Peccato che moglie e figlia del dissidente fossero già sotto sorveglianza in Kazakistan e che a rigor di logica non dovrebbero più rivedere Roma. Siamo di fronte ad errori che privano lo stato italiano di quella poca credibilità rimasta e che dimostrano, come se ce ne fosse ancora bisogno, l’inadeguatezza dei politici nostrani rispetto alla gestione degli affari esteri e alla diplomazia.

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Se per Alfano si può tranquillamente parlare di incompetenza nel ricoprire ruoli più alti di quella che è la sua effettiva statura politica, gli aggettivi per Calderoli e per la Lega sono ahimè terminati. Un’affermazione come quella del geniale demiurgo del Porcellum sarebbe stata vista con un certo sussiego anche in un malfamato bar di provincia, figuriamoci quali sono le reazioni se a farla è il vicepresidente del Senato. Dato ormai per assodato che il ministro Kyenge, o meglio il colore della sua pelle, rappresenti la vittima preferita di ogni delirante invettiva del Carroccio, è interssante registrare come il partito di via Bellerio non solo non sia scusato, ma non abbia perso occasione per rincarare la dose. Protagonista questa volta è Matteo Salvini, che stanco delle polemiche ha pensato bene di mettere a tacere addirittura Giorgio Napolitano, colpevole di aver definito “barbara” la raffinata retorica calderoliana.

Non resta che tapparsi il naso e continuare a sperare in una classe politica più preparata e consapevole. Con tante scuse alla signora Shalabayeva, ‘che tanto il ministro Kyenge ormai è abituato.

Articolo di Matteo Fontanone


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