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Alinei non convince? Bene, e allora che senso hanno quelle scritte?

Creato il 18 ottobre 2010 da Zfrantziscu
Per onestà intellettuale, non fingerò di essere neutrale rispetto a quanto, sulle scritte antichissime trovate qua e là, dicono Atropa Belladonna e Gigi Sanna da una parte e i loro critici dall'altra. Sono infatti convinto che, fino a una prova contraria che ancora non c'è, abbiano visto giusto, riferendo degli abbondanti segni riconducibili alla scrittura al tempo dei nuraghi. Marcello Cabriolu, in un suo commento, suggerisce che non di segni mediorientali si tratti quanto, piuttosto, dell'alfabeto tifinagh, rinvenuto in iscrizioni nel Sahara. Per il resto, silenzio, quasi si trattasse di questione ininfluente per la conoscenza della civiltà nuragica, appagata dalle stratigrafie, dalle analisi chimiche e fisiche, dalle comparazioni fra civiltà più o meno contemporanee, purché non portatrici di scrittura.E allora vorrei provare a rimettere in piedi la questione sollevata dal prof Sanna nei suoi due articoli La Teoria della Continuità  e Il sardo "latino". Sì ma non romano. Cominciando a dire che Mario Alinei non sembra proprio il matto scopritore della pietra filosofale, ottimo linguista per gran parte della sua vita, improvvisamente impazzito dietro la sua Teoria della continuità e da allora messo da parte e isolato dalla comunità dei linguisti. In un rapido giro in Internet si scopre che ci sono storici della linguistica, glottologi, indoeuropeisti e filologi che lo prendono maledettamente sul serio. Questo non vuol dire naturalmente che la ragione sia della parte di Alinei e dei suoi sostenitori, ma che questi esistono e che, dunque, rendono la Teoria della Continuità quanto meno controversa e degna di essere discussa e il suo autore non un visionario isolato.Ma non è questo, a mio modo di vedere, l'aspetto decisivo. Alinei (e Mauro Zedda e Gigi Sanna che ne accolgono le conclusioni) potrebbero anche avere torto marcio. Ma restano, valide sino a prova contraria che ancora non c'è, le letture che Gigi Sanna fa di reperti scritti, a cominciare dalle Tavolette di Tzricotu. L'amico Stella del mattino e della sera nelle sue ricerche ha scovato la stele di Polis tis Chrysochou i cui caratteri cuneiformi hanno straordinarie somiglianze con quelli delle Tavolette, tanto straordinarie da fare strame della loro attribuzione al Medioevo. D'altra parte – e la cosa risulta da un documento dell'ex soprintendente Azzena – la tavoletta in possesso della Soprintendenza è autentica. Ebbene, Gigi Sanna vi legge almeno due parole ancora rintracciabili nel lessico sardo, GiGaHnLOY e GaWaHuLO (piccolo gigante la prima, cantore la seconda). In altri reperti appaiono parole come NoN(N)o-Y, KoR(R)ASh, H(o)GY'ANO, BAR'AS'ON-Y, L(e)Ph(e) S-Y, tutte parole che si rintracciano nella moderna lingua sarda, adattate alla fonetica attuale (Efis e Barisone, per esempio) e a volte modificate di senso, come Gaurru. Del resto, se si pensa alla pessima fine che il colonialismo ha fatto fare alla parola “balentia”, si può capire come questo possa capitare: il “piccolo gigante” può essere benissimo trasformato in “spilungone”. E allora delle due una: o si dimostra che Gigi Sanna ha letto male, ma per farlo non basta una scrollata di spalle, o bisognerà che i critici si rassegnino a considerare che ci sono parole che, nate nel II millennio, hanno attraversato indenni la conquista romana e sono arrivate a noi. Non ha ragione Mario Alinei? E sia. Qualcuno può dare una spiegazione attendibile?

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